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Cronaca

Pestaggio sul bus, una perizia per conoscere la versione della vittima

Il publico ministero Vittorio Ranieri Miniati è in attesa di conoscere le condizioni di salute del 44enne aggredito e massacrato lo scorso luglio e capire quanto potrà essere ascoltato. Intanto, sfuma sempre di più l'ipotesi omofobia

Uno sguardo di troppo alle ragazze che erano con loro sull’autobus, un apprezzamento non gradito, e scatta la violenza: questi, in estrema sintesi, sembrano essere i motivi che hanno spinto i tre ragazzi genovesi arrestati la scorsa domenica ad accanirsi contro il barista 44enne che lo scorso 14 luglio è stato aggredito e massacrato sull’autobus nel cuore della notte e pochi giorni dopo è finito in coma dopo un intervento chirurgico urgente alla testa.

L’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Vittorio Ranieri Miniati, è arrivata a una svolta a due mesi dall’episodio, complice un video registrato e memorizzato da una videocamera di sorveglianza che ha immortalato il gruppo di aggressori mentre si allontanavano da piazza Caricamento, capolinea dell’autobus 1, dove si è consumato il pestaggio. Ai carabinieri sono servite settimane di indagini, con controlli a tappeto su potenziali testimoni e sulle celle telefoniche cui i telefonini della gang avevano potuto agganciarsi in quel ridotto arco di tempo in cui sono rimasti in zona, ma alla fine è arrivato il risultato: tre giovani, due maggiorenni e uno minorenne all’epoca del fatto, tutti genovesi, sono stati arrestati, mentre due ragazze, una italiana e una di origine albanese, sono state denunciate a piede libero in attesa di chiarire la loro posizione, e dalle testimonianze rese al gip Nadia Magrini e al pm non ci sarebbero dubbi che siano stati proprio loro ad accanirsi contro il barista rischiando addirittura di ucciderlo.

Dunque, gli elementi che a oggi hanno in mano gli inquirenti farebbero sfumare la matrice omofoba, e la conseguente aggravante, cui si era inizialmente pensato, complice anche il racconto che la vittima avrebbe fatto alla fidanzata una volta tornato a casa, sanguinante e tumefatto, dopo l’aggressione. La decisione di rifiutare il ricovero in ospedale, per timore di perdere giorni di lavoro, ha complicato ulteriormente le cose non soltanto per quanto riguarda le sue condizioni di salute, che dopo qualche giorno si sono aggravate in maniera quasi letale, ma anche per le indagini, partite con un notevole ritardo.

A oggi il 44enne, da qualche settimana ricoverato in una struttura della Spezia per il percorso di riabilitazione, sostiene di non ricordare nulla di quella maledetta notte: le sue condizioni di salute non sono ancora buone, e la procura ha intenzione di chiedere una perizia per verificare se sia abbastanza in forze per poter essere ascoltato. La speranza è che possa fornire dettagli in grado di confermare o confutare quanto sostenuto da uno degli arrestati, che durante l’interrogatorio davanti al magistrato ha ammesso non soltanto di essere uno degli autori del pestaggio, ma anche di avere pronunciato insulti omofobi contro la sua vittima, pur sottolineando che l’aggressione non sarebbe avvenuta per intolleranza nei confronti degli omosessuali ma per una presunta provocazione da parte del barista e dell’amico inglese con cui si trovava, lo stesso già sentito in precedenza dal pm, intenzionato a convocarlo un’altra volta per ricostruire nuovamente quanto avvenuto.

Dagli altri due arrestati, invece, ancora poco trapela: uno, già sentito dal gip della procura dei minori, ha fatto scena muta e nei prossimi giorni dovrebbe essere interrogato dal pm minorile, mentre il secondo, attualmente detenuto a Milano, dove è stato arrestato, verrà presto trasferito nel capoluogo ligure, dove dovrebbe essere ascoltato dagli inquirenti. 

L’accusa, al momento, è di tentato omicidio, senza l’aggravante dell’omofobia. Ma per fare chiarezza bisognerà attendere le altre testimonianze chiave.

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