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Ristoranti e zona gialla, è caccia ai dehor. Allarme in centro storico: «Qui manca lo spazio»

Lo sfogo della ristoratrice di via San Luca: «Io non posso mettere i tavoli fuori: rischio di dovermi trasferire». La collega nei vicini Macelli di Soziglia: «Abbiamo fatto passi indietro». Il Comune ha rilasciato 80 autorizzazioni in una settimana

Sale la “febbre da dehor” a Genova dopo l’entrata in vigore delle nuove regole per le aperture di ristoranti e bar in zona gialla. Dopo che il premier Draghi ha annunciato che i soli locali che possono accogliere i clienti a pranzo e a cena sono quelli che hanno spazi esterni, molti imprenditori genovesi hanno inviato al Comune la richiesta di occupazione suolo nel tentativo di trovare uno spazio di manovra - in tutti i sensi - per riaprire.

Il Comune di Genova ha confermato che in una settimana le richieste arrivate sono state 80, e che “gli uffici del Commercio stanno lavorando in tempi record per rilasciare autorizzazioni, in una settimana dall’invio della domanda, a tutti i commercianti che ne facciano richiesta”. Non per tutti, però, impegno e buona volontà bastano: in certi casi, in particolare in centro storico, ricavare un dehor all’interno degli stretti caruggi è praticamente impossibile, ed è per i titolari dei ristoratori che si affacciano su vicoli di piccole dimensioni che il 26 aprile è stato tutto tranne che una ripartenza.

La ristoratrice di via San Luca: «Impossibile mettere qui un dehor»

«Il centro storico si basa su tante attività piccole in strade piccole: se tutti mettessero le loro sedie e i loro tavoli non ci si passerebbe più - conferma Marilia Oliveira, titolare del Boteco do Bonde Amarello, in via San Luca - Nel mio caso, come in molti altri, avere un dehor è troppo complesso, perché non c’è possibilità. Non potrei mai metterlo davanti al mio locale, solo a distanza, e magari comporterebbe anche assumere personale che non mi potrei permettere. Le conseguenze delle chiusure nel centro storico si sono fatte sentire, in alcune zone in particolar modo, non ci sono persone in giro, non ci sono turisti, si lavora molto meno».

«Io sono riuscita per un periodo a resistere a quel “gioco matto” dell’aperto e chiuso nel giro di pochi giorni, ma oggi ho deciso di tenere chiuso e fare asporto - prosegue Oliveira - hanno cambiato tutte le carte in tavola, di nuovo, ed è difficile pensare che si tornerà come prima.  Gli affitti devono essere più bassi perché gli introiti sono più bassi e le spese sono le stesse, e il dehor non è la soluzione. Non è una scelta di buon senso, ma un tagliare teste senza neanche cercare di sostenerle. Se non tornerà come prima, dovrò necessariamente chiudere e trasferirmi da un’altra parte».

«Abbiamo fatto passi indietro invece che in avanti»

Trasferimento che si ripercuoterebbe, inevitabilmente, sul tessuto economico del centro storico, tra i quartieri che hanno sofferto di più crisi da coronavirus e lockdown: serrande abbassate e luci spente hanno consentito al degrado di avanzare e guadagnare il terreno che imprenditori e commercianti virtuosi erano riusciti a conquistare trasformando i loro locali in presidi, in un circolo vizioso che pare non avere fine.

«Poter stare in un dehor è una conquista nuova - riflette Jessica Musumeci, titolare del Patalin dei Macelli di Soziglia - ma intanto vanno fatti passi avanti, non indietro: avevamo conquistato il fatto che in zona gialla si potesse stare aperti a pranzo con all’interno persone, ora siamo tornati indietro».

Jessica è una dei ristoratori “fortunati”: lo scorso anno ha ottenuto il permesso di occupazione suolo dal Comune e ha potuto sistemare alcuni tavoli vicino al suo locale. La rabbia e lo sconforto però ci sono sia per la situazione di incertezza - «magari tra due settimane ricambiano di nuovo le regole» - sia per i tanti colleghi che l’ambito dehor non possono neppure immaginarlo.

«E poi il coprifuoco - conclude - non va spostato alle 23, ma va eliminato. È senza senso. E così non si può neppure pensare di fare investimenti, di assumere altre persone, di tornare a far girare l’economia».

Ristoratori di nuovo in piazza: «Dipendiamo dal meteo»

Proprio lunedì pomeriggio i ristoratori aderenti alla Protesta Ligure sono tornati a manifestare in piazza, questa volta con una protesta che li ha visti sistemare tavoli e sedie vicino alla fontana di De Ferrari coperti con ombrelli causa pioggia: altra criticità, quella del meteo, che non va sottovalutata se si pensa ad aperture subordinate allo spazio esterno.

Il Comune dal canto suo ha fatto sapere che «in particolari situazioni dove gli spazi antistanti all’attività presentano criticità, ad esempio per marciapiedi troppo stretti, vengono fatti sopralluoghi mirati per trovare soluzioni che consentano di mettere tavolini ad esempio in piazzette limitrofe, come già sperimentato con successo in alcune zone del centro».

Dal 2020 a oggi Tursi ha rilasciato circa 1.200 autorizzazioni per nuovi dehor, tutto gratuitamente. Per alcuni però il sostegno si ferma alla carta.

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