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Don Roberto Fiscer, star di TikTok, si racconta: “L'ironia è la chiave per parlare di fede ai giovani"

Con mezzo milione di follower su TikTok, è il prete italiano più seguito del web: "Mi piacerebbe si creasse una rete di creator cristiani per diffondere messaggi positivi, avvicinando le persone alla fede"

Risponde con la voce squillante e ricca di entusiasmo il genovese don Roberto Fiscer, parroco della Santissima Annunziata del Chiappeto a Borgoratti e prete ‘social’ che negli ultimi anni è diventato una vera e propria star del web. Con più di 500mila follower e 16 milioni di like su TikTok e 77mila su Instagram, dove pubblica video ricchi di ironia, ha acquisito fama nazionale, finendo più volte sui canali televisivi nazionali e incassando recentemente il sostegno, tra gli altri, di Selvaggia Lucarelli.

Adesso don Roberto, 46 anni, ha scritto un libro per raccontare la sua storia, “Vita spiricolata”, uscito pochi giorni fa ed edito da Piemme, titolo che prende volutamente spunto dalla celebre canzone di Vasco Rossi (tanto che a scrivere la prefazione è stato Nando Bonini, chitarrista di Blasco negli anni ’80 e ‘90). Una vita sempre in movimento, dalla “discoteca cristiana” all’esperienza di Radio Tra le Note, passando per il rapporto con i giovani, i malati, i carcerati, sempre all’insegna dell’allegria e della musica: “Nell’ultimo periodo – racconta don Roberto a GenovaToday – mi sono reso conto che sono sempre proiettato in avanti, ma quando mi guardo indietro vedo una vita ricca di ricordi, di incontri che voglio tenere stretti. Da qui è nata l’idea di raccontarli”.

VIDEO | "Mare fuori", la parodia in genovese con don Roberto e Vladi dei Trilli

La storia di don Roberto è fortemente legata al suo territorio, Genova e provincia: “Nel cuore mi sono rimaste soprattutto Arenzano, dove è partito il mio sacerdozio, e poi la zona di Staglieno-Righi, perché tante volte prendevo la bici e andavo lì sulle alture: per me era una ‘cameretta’ in cui rifugiarmi quando a casa c’era qualche problema, senza aver paura di versare anche qualche lacrima, a volte fa bene anche piangere. La mia città mi dà veramente tanto”.

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Da dj a prete, una vita dedicata ai giovanissimi

Alla prima presentazione del libro, a Genova, erano presenti tante famiglie con bambini: e infatti la storia della sua vocazione parte proprio con i più piccoli, quando il don era solo Roberto, voleva diventare un dj di grido ed era proiettato verso un altro ambiente, con le ombre di un passato non sempre facile. Poi due incontri in particolare gli hanno cambiato la vita: quello con un gruppo di bambine ospitate in una comunità per problemi familiari gestita dalle suore, e quello con una persona che lo ha coinvolto nell’organizzazione di una festa per i bimbi della parrocchia. E dire che lui inizialmente non era propriamente entusiasta: “Nei miei ‘ragionamenti malati’ di allora – spiega don Roberto – organizzare giochi per una parrocchia non mi sembrava cosa per me, che puntavo ai grandi network. Quando poi sono stato coinvolto quello che ho provato è andato oltre tutto il resto: l’affetto dei bambini mi ha travolto, ho capito che portare loro un sorriso era la cosa più importante”.

Da qui, attraverso molte altre avventure e una Giornata Mondiale della Gioventù determinante, la strada per diventare sacerdote, e poi le iniziative per coinvolgere i giovani, sempre in compagnia della musica: dalle discoteche cristiane alle collaborazioni con Genoa e Samp per lanciare messaggi positivi ai ragazzi, fino al mondo social. Prima Facebook, poi Instagram e TikTok: “Quest’ultimo ha un grande potenziale, certo non puoi fare contenuti troppo seri o lunghi perché non è l’ambiente giusto. Ho trovato la chiave dell’ironia, che suscita simpatia e conseguentemente empatia, per me era questo l’importante”.

Il rapporto con i social: “L'ironia è la chiave per parlare di fede”

Ma dei tantissimi follower, quanti di questi poi si avvicinano effettivamente alla Chiesa? “Circa il 10% di persone poi mi scrivono in privato, a volte chiedono una preghiera, altre vogliono affrontare argomenti profondi sempre legati alla fede. Per il resto mi rifaccio alla parabola del seminatore, che semina e non guarda subito cosa succede. Però i germogli ci sono: ho riscontri, non sono solo ‘like’ effimeri. Tra i messaggi ricordo quello di una ragazza che ha detto che se prima tra i giovanissimi parlare di religione era un tabù, adesso i miei video diventano la chiave per affrontare l’argomento, è molto bello”.

Così gli spesso tanto odiati social diventano uno strumento positivo: “Dipende dall’utilizzo. Personalmente all’inizio mi sono chiesto se valesse la pena utilizzarli: e se poi i ragazzi fossero finiti su contenuti negativi? Ma in realtà quelli possono vederli in ogni caso, con lo smartphone: così ho pensato di seminare con cose positive. Mi piacerebbe si creasse una rete di creator cristiani per diffondere messaggi positivi, avvicinando le persone alla fede”.

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“Una Chiesa meno seriosa per avvicinare i giovani”

Ma cosa dovrebbe fare la Chiesa per i giovani, oggi? “Essere sempre un passo avanti e un po’ meno seriosa, utilizzare i social con ironia per diffondere messaggi positivi, strappando un sorriso per avvicinare le persone, perché con l’allegria si combattono anche le battaglie più difficili”. E per quanto riguarda le reazioni ai suoi video: “A volte ho paura che il mio linguaggio possa essere un po’ troppo forte, ma sono sempre aperto al confronto, anche alle critiche. L’importante è che si capisca il mio intento. Vado in difficoltà quando nel mondo della Chiesa a 360 gradi non viene compreso il motivo per cui ho questo approccio, quando l’obiettivo dei sacerdoti è comune: dare tutto per arrivare agli altri, ognuno a modo suo. Non penso di andare oltre, bensì di andare verso l’altro: ma per farlo forse bisogna andare oltre, altrimenti restiamo chiusi nei nostri cortili”.

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