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Liguria divisa a metà, il Levante torna in zona arancione: cosa cambia

A Ponente resta in vigore la zona rossa sino al 12 aprile, da Genova in poi le restrizioni si allentano leggermente. E si parla di aperture a partire dal 20 aprile

Metà Liguria in zona arancione, l’altra metà in zona rossa: alle spalle il weekend di Pasqua in lockdown nazionale per coronavirus si torna al meccanismo dell’assegnazione delle zone, che si dividono però soltanto tra arancione e rosso per la cancellazione - sulla carta sino al 30 aprile - della zona gialla.

La Liguria passa dunque in arancione per la parte di levante - Genova, Tigullio e La Spezia - mentre a ponente, Savona e Imperia, restano rosse sino alla fine della settimana: “gli ultimi sacrifici”, li ha definiti il presidente della Regione, Giovanni Toti, per cercare di contenere i contagi in una porzione di Liguria in cui l’incidenza del virus ha superato la soglia di guardia dei 200 casi per 100.000 abitanti.

Zona arancione, cosa si può fare

Con il ritorno in zona arancione, dunque, in parte della Liguria, Genova compresa, si allentano le restrizioni: gli spostamenti all’interno del territorio comunale sono liberi e i negozi riaprono. Resta invece vietato uscire dal proprio comune di residenza o domicilio e dai confini regionali, e i bar e i ristoranti restano chiusi con possibilità di asporto e delivery.

Le seconde case restano chiuse in tutta la Liguria per effetto dell’ordinanza con cui il presidente della Regione ha prolungato la zona rossa a Ponente e ha imposto la dad per gli studenti delle superiori. Sono in vigore inoltre le deroghe previste dal dpcm Draghi: possibilità di spostamento verso case private una volta al giorno in un numero massimo di due persone (esclusi figli minori di 14 anni e disabili) e possibilità di spostarsi dai comuni di residenza se gli abitanti sono sotto i 5.000.

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Riaperture il 20 aprile, l’ipotesi al vaglio del governo

La situazione attuale dovrebbe permanente sino alla fine del mese, ma al governo si discute della possibilità di riaprire bar, ristoranti, cinema e teatri a partire dal 20 aprile sulla base dell’andamento dell’epidemia.

Il nuovo decreto legge d’altronde prevede che si possano operare aperture prima della scadenza del decreto stesso se i numeri lo consentono, e la Regioni hanno intenzione di chiedere al ministro Mariastella Gelmini, nel corso della Conferenza Stato-Regioni, date definite e “prospettive a quei settori chiusi valutando aperture subito dopo il 20 aprile, nel caso di un miglioramento dei dati epidemiologici, per poi permettere da maggio la ripartenza di attività in stand-by da troppo tempo, come le palestre".

L’ultima parola spetta comunque al premier Draghi, che sembra avere sposato la linea prudente portata avanti anche dal ministro della Salute, Roberto Speranza. Le zone gialle e bianche faranno la loro comparsa soltanto se contagi e ricoveri scenderanno sotto soglie preoccupanti, e potrebbero essere necessarie appunto due settimane da Pasqua per capire al meglio la situazione.

Viaggi all’estero, stretta sino al 30 aprile

Proprio il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha prolungato l’ordinanza con cui dispone che chi rientra in Italia da viaggi all’estero dovrà continuare obbligatoriamente a sottoporsi al tampone, alla sorveglianza sanitaria e a isolamento fiduciario per cinque giorni, e al termine dell'isolamento effettuare un altro test. In Europa sarà comunque possibile viaggiare senza motivazioni specifiche così come, dal 7 aprile, anche in Austria, Israele, il Regno Unito e l'Irlanda del Nord. 

Vaccini, obbligo per farmacisti e sanitari

Dal 6 aprile scatta inoltre l’obbligo per i farmacisti di sottoporsi al vaccino anti coronavirus.

I sanitari che rifiutano di vaccinarsi devono essere destinati ad altre mansioni che non implicano rischio contagio, o sospesi senza retribuzione in caso di rifiuto o di impossibilità sino alla fine dell'anno.

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