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Coronavirus, azienda genovese dona 400 mascherine ai vigili del fuoco

Il carico è stato consegnato al sindacato Usb, che l'ha fatto arrivare al comando centrale. Ma è polemica interna per le condizioni in cui i pompieri devono operare

Un carico di 400 mascherine è stato consegnato martedì mattina nella caserma dei vigili del fuoco di via Albertazzi, a Genova, dal sindacato Usb, che le ha ricevute da un’azienda genovese.

A darne notizia - e a consegnare le protezioni - sono stati Stefano Giordano e Bruno Parodi, pompieri e rappresentanti del sindacato, che hanno chiarito che «le mascherine sono state donate da un’azienda genovese che vuole rimanere anonima a tutti i pompieri per cercare di mitigare questo contagio e farli lavorare in sicurezza».

Nei giorni scorsi, il tema della sicurezza dei vigili del fuoco era stato già affrontato da Giordano, che aveva confermato un caso di positività tra i colleghi: «Vogliamo portare all’attenzione il caso di un collega genovese al quale abbiamo deciso, come organizzazione sindacale Usb, di pagare presso una struttura privata l'esame del sangue per il controllo degli anticorpi dove è risultato positivo - ha detto Giordano via Facebook - Un calvario durato più di quindici giorni con la febbre a 38 che non è bastato a far attivare le procedure per il tampone; a niente è valsa la comunicazione del lavoratore al comando dei Vigili del Fuoco di Genova nella quale dichiarava la quarantena della famiglia imposta dal medico curante. Un silenzio assordante del Comando VVF Genova e della ASL Genovese che non ha effettuato nessun tampone con il rischio di un aumento inevitabile dei contagi tra i lavoratori che aveva frequentato durante i turni di servizio di soccorso».

La nota di Giordano è arrivata in seguito a un’altra nota emessa dal comando genovese, in cui si specificava a oggi sono sei i vigili del fuoco genovesi in autoisolamento fiduciario, ma «non vi è alcun caso accertato come positivo al coronavirus». 

«Sin dall’inizio dell’emergenza Covid-19, si è adoperato a minimizzare tutte le condizioni facilitanti il contagio tra il personale - si legge nella nota - I vigili del fuoco di Genova sono addestrati e protetti per affrontare il rischio NBCR (Nucleare, Biologico, Chimico, Radiologico), hanno da sempre procedure e dispositivi di protezione individuale e collettiva per svolgere in sicurezza il soccorso, provvedendo al reintegro del materiale utilizzato. Oltre a questo, sono state adottate tutte le misure di protezione prescritte dall’autorità sanitaria nazionale».

Il Comando ha fatto sapere che «si è proceduto a limitare il personale presente nelle sedi, applicando gli strumenti di urgenza disponibili quali, a solo titolo di esempio, il lavoro da casa per il personale amministrativo e operativo con compiti organizzativi, la dispensa dalla prestazione del servizio per il personale operativo non idoneo alla prestazione del servizio di soccorso e con una differente turnazione, per mantenere maggiormente il personale in servizio, dimezzando i momenti di avvicendamento».

«Siamo impegnati al massimo delle nostre possibilità - ha detto il comandante, Fabrizio Piccinini - fornendo costante informazione al personale per favorire comportamenti sul rispetto di precauzioni validate dall’OMS e dall’ISS. In merito all’effettuazione dei tamponi, ci atteniamo, ovviamente, a quelle che sono le disposizioni dell’autorità sanitaria nazionale e regionale».

Immediata la replica di Giordano: «Il momento difficile, caro Comandante, lo vivono i lavoratori assolutamente abbandonati che stanno male e contagiano i propri familiari e i propri colleghi per l'assoluta mancanza di prevenzione, mettendo di conseguenza a rischio il soccorso tecnico urgente. Oggi il lavoratore ha la figlia ammalata e sta ancora combattendo il Virus e i suoi colleghi in caserma sono ignari del pericolo che l'amministrazione volontariamente ha messo in atto. Cari cittadini da sempre apprezziamo la vostra gratitudine quotidiana ma troviamo al nostro interno una scarsa sensibilità che fa sentire i vigili del fuoco al tempo del Covid come “carne per il cannone”».

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