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Tamponi al Dlf di Rivarolo, la testimonianza: «In tanti chiamano anche solo per una parola di conforto»

Lilia Valente gestisce le prenotazioni per chi vuole fare il tampone al Dopolavoro Ferroviario di Genova: «Molte persone hanno paura, spesso vogliono essere ascoltate. C'è un grande bisogno non solo di cure e tamponi, ma anche di umanità»

«Tante persone chiamano per informarsi per il tampone, ma poi al telefono, sentendo una voce amica, mi parlano di loro, mostrano le loro paure, spesso chiedono solo di essere ascoltate» racconta Lilia, in una pausa tra una telefonata e l'altra.

Da più di una settimana le giornate di Lilia Valente - volontaria dell'associazione Dopolavoro Ferroviario di Genova - iniziano alle 7,30 e anche prima con le primissime telefonate, e vanno avanti fino a sera inoltrata, con centinaia di contatti. Da quando il Dlf, che si trova in via Roggerone, a Rivarolo, ha messo a disposizione i suoi locali per effettuare tamponi (test rapidi) in collaborazione con il poliambulatorio specialistico Casa della Salute, lei si occupa di gestire le prenotazioni.

E il suo telefono è diventato rovente: «Ricevo centinaia di chiamate, a volte purtroppo non riesco a rispondere a tutti perché si sovrappongono, è un grande impegno, poi è fondamentale fissare gli appuntamenti a distanza di tempo per non creare assembramenti, e sta funzionando bene, sotto l'occhio vigile della nostra presidentessa Rosaria Augello, grazie anche all'Associazione Nazionale Carabinieri che ha la sede nel plesso del Dlf e fa servizio d'ordine. È un'esperienza bellissima e umanamente molto toccante: mi rendo conto che molte delle persone che chiamano sono confuse e impaurite, a volte vogliono solo essere ascoltate. È un modo di intrecciare relazioni, e sono felice quando riesco a risolvere qualche problema». Uno su tutti, il panico: «È una cosa che accomuna tutti perché molte notizie sono contrastanti, ci sono mille varianti diverse da caso a caso, poi i sintomi non sono quasi mai chiaramente riconducibili al covid fin da subito, quindi è anche difficile distinguerlo dall'influenza normale».

Così Lilia prende le prenotazioni (le giornate disponibili sono già quasi tutte "sold out", forse ne verranno organizzate altre), segna tutto in agenda, ma cerca anche di rincuorare: la sua testimonianza racconta di un disperato bisogno di pazienza, empatia e informazioni chiare. «Molte persone si sfogano, mi raccontano le loro storie; tra tutti coloro che chiamano, in tanti hanno difficoltà a mettersi in contatto con la Asl, non hanno ben chiaro cosa fare, quando mettersi in quarantena, quando può essere effettivamente utile richiedere il tampone. Tante delle informazioni che sentono sono contraddittorie, io consiglio sempre di mettersi in contatto con il proprio medico di famiglia. A molte cose non so dare risposta: non sono e non voglio sostituire un medico, ma quello che posso offrire è l'ascolto».

A problema si aggiunge problema: «E poi ci sono tanti casi di disagio che stanno saltando fuori, da tutti i punti di vista: chi lavora in proprio e ha paura di dover chiudere, chi ha figli che si ritrovano in quarantena o improvvisamente a casa da scuola con le lezioni da seguire online ma non tutti sono capaci, i nonni che devono tenere i nipotini e il timore c'è, persone che hanno paura per i loro genitori anziani. Anche casi di persone che vengono dall'estero e non capiscono esattamente cosa devonoi fare, o che per i motivi più svariati devono rientrare in patria di corsa, e allora quella per avere il tampone diventa una lotta contro il tempo».

L'esperienza diventa anche motivo di riflessione sulla gestione dell'emergenza: «Non voglio accusare nessuno e non voglio fare polemica, ma da volontaria che riceve centinaia di telefonate al giorno e ascolta le storie di chi chiama, vedo che il sistema è al collasso. Le persone che ci contattano dicono che dalla Asl spesso non arrivano risposte o arrivano tardi, e i medici sono comprensibilmente stanchi. A volte sono loro stessi, ci dicono le persone, a rimandare al privato se dal pubblico non si riescono ad avere i tamponi in tempo. Un esempio su tutti: la persona che sta finendo il suo periodo di quarantena ma non è ancora riuscita a farsi il tampone passando per il sistema sanitario. Che fa quando avrà finito la quarantena, se non avrà avuto moto di fare il tampone? I genitori di un ragazzo che è stato male e stanno ancora aspettando i tamponi, quindi non si sa se è covid o meno, nel frattempo vanno a lavorare? Sono domande a cui non so rispondere. Cerco almeno di stare vicina a chi chiama, e molti ci ringraziano. In tempi di pandemia, c'è un grande bisogno non solo di cure e tamponi, ma anche di umanità».

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