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Lavoratori delle mense senza reddito, il Comune propone il reimpiego in altre attività

Lo sfogo di una lavoratrice: «Siamo spesso parte di famiglie monoreddito, e siamo completamente dimenticate dallo Stato»

Un reimpiego dei lavoratori e delle lavoratrici delle mense scolastiche in altre attività in attesa che la scuola riparta. È la proposta avanzata dal Comune di Genova per cercare di supportare una categoria duramente colpita dall’epidemia di coronavirus.

I lavoratori del comparto mense scolastiche, infatti, sono ormai da due mesi senza stipendio e sono ancora in attesa degli ammortizzatori sociali, una situazione su cui si erano già puntati i riflettori. Mercoledì mattina, nel corso in una commissione consiliare, l’assessore comunale al Bilancio, Pietro Piciocchi, ha quindi proposto una “riconversione”, come già accaduto in altri piccoli Comuni.

«Gli addetti delle mense potrebbero essere riconvertiti alla produzione di kit alimentari, alla produzione di cibi caldi da consegnare poi anche a domicilio sia delle famiglie in difficoltà sia di quelle persone che preferiscono non uscire di casa», ha detto Piciocchi, sottolineando che «il progetto chiaramente non è risolutivo, ma è quello che può fare il Comune anziché tirare i remi in barca per coinvolgere un certo numero di lavoratori».

Ulteriore ambito in cui i lavoratori potrebbero essere “reimpiegati” potrebbe essere la santificazione di edifici pubblici, scuole, musei e uffici. 

Lo sfogo della lavoratrice: «Siamo dimenticate dallo Stato»

Proprio mercoledì mattina è arrivato l’ulteriore sfogo delle lavoratrici delle mense: «Dal 23 febbraio siamo a casa a causa della chiusura delle scuole per l'emergenza covid 19, a oggi sono due mesi che nn percepiamo un centesimo - conferma Cristina Martellino - siamo quasi tutte donne, mamme e spesso a monoreddito, completamente dimenticate dallo Stato. In nessun decreto siamo mai state menzionate, tra poche settimane finirà la cassa integrazione che nn abbiamo ancora percepito oltretutto, ed entreremo in sospensione estiva non retribuita».

Martellino ha spiegato che «aAbbiamo creato un gruppo di lavoratrici tutte appartenenti alla ristorazione scolastica da Nord a sud Italia lanciando una petizione. Anche noi vorremmo sapere quando le scuole riapriranno, se potremmo ripartire con il nostro lavoro. Non poter sapere nulla è logorante».

Sulla questione, e sulla proposta del Comune di Genova, sono intervenuti nuovamente i sindacati: «La commissione Consiliare di oggi è stata certamente utile e ci ha visto promotori di input e idee concrete che viaggiano su tre binari fondamentali - ha fatto sapere la Filcams e la Cgil - Abbiamo chiesto che la politica si faccia parte attiva verso l'Inps per sollecitare i bonifici della cassa integrazione che spetta a questi lavoratori ormai alla fame, che il servizio riparta contemporaneamente all'attività scolastica, e abbiamo proposto un tavolo congiunto tra Comune, parti sociali, istituti comprensivi, Provveditorato agli studi e Consigli di circoscrizione atto a definire il prima possibile modalità e organizzazione del servizio mensa all'interno delle scuole in ottemperanza alle misure di prevenzione che l'emergenza sanitaria imporrà anche a settembre».

Filcams e la Cgil hanno sottolineato che «non accetteranno speculazioni politiche e partitiche di alcun genere sulla pelle della nostra gente. Quindi ben venga l'impegno di tutti, oggi esplicitato in alcuni interventi bipartisan, compreso quello dello stesso assessore Pietro Piciocchi, ben vengano attività alternative in attesa della riapertura delle scuole senza che questo però diventi strumento per rimandare qualunque tipo di programmazione fattiva del servizio. Perché il tempo è scaduto. Quasi mille famiglie genovesi oggi vogliono lavoro - concludono - reddito e dignità come recita la nostra Costituzione».

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