Dopo il covid, la febbre gialla: per Matteo Bassetti è «la seria candidata per la prossima epidemia»
L’infettivologo genovese analizza i fattori che contribuiscono al dilagare delle infezioni: «C’è un motivo se gli scienziati sapevano con assoluta certezza che sarebbe arrivata una pandemia simile a quella che abbiamo vissuto»
Abuso di antibiotici, sovrappopolazione, cambiamento climatico, erosione di habitat naturali, globalizzazione: sono solo alcuni dei fattori che contribuiscono al dilagare di infezioni, virus e pandemie. A sottolinearlo è l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore dalla clinica Malattie Infettive del San Martino, che ha sfruttato i social per discutere dei fattori eziologici - delle cause, insomma - delle malattie infettive e del loro diffondersi a macchia d’olio in tutto il mondo. Mettendo in chiaro una cosa già ribadita da molti: la pandemia di coronavirus non sarà l’ultima.
«C’è un motivo se si parla della nostra epoca come “l’epoca dei microbi” - ha spiegato Bassetti - Così come c’è un motivo se gli scienziati sapevano con assoluta certezza che sarebbe arrivata una pandemia simile a quella che abbiamo vissuto. Cosa potrà succedere ora, quali le cause e i maggiori problemi da qui al futuro?».
Per l’infettivologo genovese i fattori da prendere in considerazione sono principalmente quattro: l’abuso di antibiotici e la resistenza a questi farmaci, che «se utilizzati nel modo sbagliato, sia in medicina umana sia soprattutto in veterinaria e agricoltura, sono diventati negli anni alleati delle infezioni batteriche. In Italia più di diecimila decessi all’anno sono correlati all’antibiotico-resistenza», e poi c'è la globalizzazione, un fattore di cui si è discusso sin dalle prime battute dell’epidemia di coronavirus.
«Il fatto che nel mondo attuale gli spostamenti siano sempre più semplici, economici e veloci, che le persone siano sempre più interconnesse, ha una contropartita - spiega Bassetti - Perché aumenta la possibilità di diffusione dei microbi, come è accaduto agli albori dell’epidemia causata dal SARS-CoV-2, che il giorno prima era in Cina e il giorno dopo in Germania o in chissà quale altra parte del mondo». A questo si aggiungono sovrappopolazione ed erosione degli ambienti naturali - «ormai non esistono più luoghi davvero incontaminati, e la continua ricerca di nuovi terreni dove vivere (o da sfruttare economicamente) porta le persone a condividere i medesimi spazi con animali che potrebbero essere infetti, aumentando la probabilità che un virus o altro microbo faccia il salto di specie, arrivando fino a noi». E poi c’è il macroproblema: il cambiamento climatico.
«Il rischio è, per esempio, che in Italia a causa del fenomeno della tropicalizzazione, possano diffondersi malattie tipiche di fasce climatiche differenti - conferma Bassetti - È già successo con il virus del Nilo Occidentale, che può provocare malattie gravi del cervello. Oppure il virus chikungunya, trasmesso dalla zanzara tigre tipico di alcune aree tropicali è diventato , diventando addirittura endemico in un’area del Polesine. Per non parlare della febbre gialla in America Latina. A causa del cambiamento climatico, il suo vettore di trasmissione principale, un determinato tipo di zanzara, si sta diffondendo enormemente in tutto il mondo, spesso portando il virus con sé. La febbre gialla è una seria candidata per una futura pandemia».
«Mi piacerebbe dirvi, ora che il Covid-19 ha rubato la scena alle altre numerosissime realtà virali infettive, che sia lui il nostro unico problema - conclude l’infettivologo genovese -E che una volta sconfitto, saremo tranquilli. Mi piacerebbe davvero. Ma purtroppo non c’è nulla di più distante dalla realtà».