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Coronavirus, Liguria terzultima regione per somministrazione vaccini

«Non mi interessano le classifiche sui vaccini», ha commentato il governatore Toti, che ha anche chiesto al governo la possibilità per i ristoranti di scegliere se aprire a pranzo o a cena

Al momento la Liguria è la terzultima regione in Italia (davanti a Sardegna e Calabria) per somministrazione di vaccini in proporzione alle dosi consegnate. «Non mi interessano le classifiche sui vaccini - ha commentato il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti -. Stiamo rispettando il nostro piano vaccini sulla base delle dosi arrivate e delle scorte che stiamo accantonando in via prudenziale. Concluderemo le nostre vaccinazioni per gli over 80 nei tempi previsti, cioè entro il mese di maggio. Credo che i risultati in termini di tasso di mortalità e di ospedalizzazione ci stiano dando ragione sul fatto di concentrarsi su questo target».

«Dal punto di vista del numero assoluto di vaccini Regione Liguria è una di quelle che ne ha fatti di più - aggiunge Toti - avendo una popolazione target over 80 molto superiore alla media. Ci sono regioni che hanno meno ultraottantenni e meno Rsa di noi, che intervengono già su altre categorie di persone in modo assolutamente legittimo. Dalla settima prossima partiranno, attraverso la rete dei medici di famiglia, anche i vaccini AstraZenenca, anche se purtroppo meno di quanto vorremmo in quanto ci sono stati tagli alle dosi previste in un primo momento».

«Come Regioni - prosegue Toti - abbiamo dimostrato, anche in queste ore, di saperci assumere le responsabilità che ci competono, con misure come quelle prese nel Ponente per arginare i contagi in arrivo dalla Francia, ma credo che si debba dare un segnale molto netto di desiderio di ripartenza alle categorie e al Paese, e quindi dove è possibile e la situazione epidemiologica lo consente, lasciare che le attività tornino a prepararsi in vista di una stagione primaverile, e poi estiva, che deve essere di ripresa. Mi auguro che venga accettato quel concetto secondo cui dove il rischio è minore, considerando che le varianti sono già mappate e monitorate dal nostro sistema di controllo nazionale, si possa andare verso delle riaperture. Al contrario, dove è necessario, si possa andare anche verso ulteriori strette. È ciò che abbiamo sempre chiesto: andare avanti sulla base di una analisi territoriale sempre più accurata».

Il governatore ha anche annunciato di aver «chiesto al governo che possano decidere ristoratori se almeno aprire a pranzo o a cena». Ma è improbabile che la richiesta venga accolta a breve, soprattutto a causa delle varianti, come ha spiegato il ministro della salute, Roberto Speranza, riferendo in Senato sulle nuove misure per il contrasto alla pandemia.

«La presenza delle varianti condizionerà l'epidemia nel suo complesso - ha detto Speranza -. La variante inglese è ormai presente diffusamente in gran parte del territorio nazionale: l'ultimo studio dell'Istituto superiore di Sanità ha certificato la sua presenza nel 17,8% dei casi. Questo dato è in forte crescita, a causa di una sua maggiore velocità di trasmissione, di circa il 35-40% rispetto al ceppo originario. Questa variante sarà presto prevalente nel nostro Paese, come lo sta già diventando negli altri Paesi europei».

«Non vi è alcun dubbio - ha proseguito Speranza - che questa maggiore velocità di diffusione renda più difficile il controllo del virus e ancora più indispensabile alzare il livello di guardia nel Paese. Fortunatamente però questa variante non compromette l'efficacia dei vaccini».

Ma altre due varianti, la brasiliana e la sudafricana, sono «maggiormente insidiose - ha aggiunto il ministro - in quanto potrebbero ridurre, seppur parzialmente, l'efficacia vaccinale. Studi e ricerche sono in corso per approfondire il loro impatto e la loro resistenza ai vaccini. Essendo la loro circolazione per ora ristretta nel territorio nazionale è ancora possibile contenerne la diffusione, purché vengano adottati ed applicate con tempestività misure molto rigorose», ha concluso.

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