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Coronavirus

Covid, il contagio corre a due velocità in Liguria. Lunedì scatta la zona gialla

Spezzino e area metropolitana di Genova mantengono un livello di incidenza più contenuto, il savonese risente della vicinanza con l’imperiese che oggi ha raggiunto tassi di incidenza analoghi all’area francese della Provenza e Costa Azzurra

Da lunedì 20 dicembre la Liguria entrerà in zona gialla, come riporta il report del ministero della Salute. Per il presidente della Regione Giovanni Toti "è un campanello d'allarme da non sottovalutare", ma "non bisogna avere paura". Il cambio di colore è scattato perché in Liguria sono stati sforati i parametri previsti dalle ultime normative: il 10% di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive, il 15% in area medica e la soglia relativa all’incidenza settimanale di casi su 100mila abitanti. Tutti e tre i parametri sono al momento distanti da quelli che portano alla zona arancione. Per quanto riguarda le regole relative alla zona gialla l’unico obbligo in più riguarda la mascherina anche all’aperto. "Prudenti, ma senza paura - ha dichiarato il governatore - la nostra regione ha affrontato dati assai più alti per quanto riguarda le persone ospedalizzate. Per questo invito tutti a riprendere quelle usanze che magari abbiamo un po' tralasciato nelle ultime settimane, dall’utilizzo corretto della mascherina al lavaggio frequente delle mani fino al distanziamento fisico, utili per prevenire e contenere l’infezione".

Toti: "A Imperia tassi di incidenza come in Francia"

Toti ha poi sottolineato come il covid in Liguria stia viaggiando a velocità diverse, se spezzino e area metropolitana di Genova mantengono un livello di incidenza decisamente più contenuto, il savonese risente della vicinanza con l’imperiese che oggi ha raggiunto tassi di incidenza analoghi all’area francese della Provenza e Costa Azzurra con più di 700 contagi alla settimana, pari a due volte e mezzo superiore all’incidenza che si registra tra Genova e il levante ligure. "È chiaro - ha aggiunto il presidente della Regione - che stiamo parlando di situazioni diverse e speriamo che nella Città metropolitana il quadro non cambi perché se il contagio crescesse fino a quei livelli sarebbe difficile contenere il virus. Occorre dire che, lanciati tutti allarmi opportuni, la pressione ospedaliera è aumentata ma nell’ultima settimana è stabile e questo ci lascia un barlume di speranza che stiamo forse raggiungendo il picco di questa ondata. Il fatto poi che a questa circolazione del virus non corrisponda un altrettanto rapido aumento dei ricoveri è il segno che i vaccini funzionano bene. Ci auguriamo che l’avvio della vaccinazione in età pediatrica e la chiusura delle scuole per le vacanze natalizie ci aiutino ad invertire la curva".

In merito alla situazione nell’imperiese, Toti ha concluso: "Ho parlato con il sindaco Claudio Scajola e anche con il ministro Speranza a cui ho annunciato la firma dell’ordinanza per il passaggio della Liguria in zona gialla e abbiamo convenuto di mantenere strettamente monitorato l’andamento dei contagi nell’estremo ponente oltre che la pressione sugli ospedali. Stiamo comunque parlando di una percentuale di letti occupati che non determina un’emergenza clinico sanitaria tale da giustificare ulteriori restrizioni per i cittadini".

Ansaldi: "Fascia scolare e teenager driver del contagio"

Filippo Ansaldi, direttore generale Alisa, ha aggiunto: "L'incidenza nella nostra regione sta salendo rapidamente, a Imperia abbiamo raggiunto una media giornaliera di quasi 10 casi ogni 10.000 abitanti, con un’incidenza che è due volte e mezza superiore a quella delle altre province. Riguardo ai contagi, in questi giorni il driver è rappresentato dalla fascia scolare e dei teenager che fanno da traino. L'impatto della circolazione del virus nella nostra regione in termini di pressione ospedaliera fa osservare nella seconda metà di novembre un aumento che negli ultimi giorni si è stabilizzato. Se nella terza ondata il rapporto tra ricoveri e positivi era pari al 21%, oggi è sceso al 7%, con dati decisamente lontani da quanto abbiamo osservato gli scorsi mesi; analizzando questi dati si evidenzia il grande impegno dei colleghi della prevenzione e di quelli che sono impegnati sul campo in ambito clinico nei nostri ospedali, a loro, va da parte mia un grande ringraziamento".

Le differenze rispetto allo scorso anno

Angelo Gratarola, primario del San Martino e responsabile del dipartimento interaziendale regionale di emergenza-urgenza di Alisa ha ha sottolineato le differenze rispetto allo scorso anno: "All’interno degli ospedali vediamo cose un po’ diverse; casi clinici, almeno in media intensità, meno gravi, che generano degenze più brevi con maggiore facilità di dimissione. Questo non è invece così vero nelle terapie intensive. I casi che arrivano in terapia intensiva sono gravi come quelli dell’anno scorso e anche la mortalità è la stessa. Mi spiace dire che questo avviene perché oggi, su 28-29 ricoverati, 23 sono persone che non hanno mai ricevuto nessun tipo di immunizzazione. La restante parte dei pazienti sono invece gravi, ma ricoverati in terapia intensiva solo perché positivi. Devono quindi essere posti in luoghi dove non possano contagiare altri e possano ricevere, al contempo, le cure tipiche delle situazioni critiche. Si trovano in terapia intensiva per ragioni diverse, non per la polmonite da covid. Se è infatti vero che la media intensità sta vedendo una malattia un po’ diversa rispetto all’anno scorso, lo stesso non è all’interno delle terapie intensive. Ciò è ancora legato al fatto che questa popolazione che si seleziona nella gravità non ha protezione. Non avendo protezione, finisce per sviluppare quadri clinici con mortalità significativa, che supera anche il 40%".

Bassetti: "Il 98% dei ricoverati ha un quadro non grave"

Tendenza confermata anche da Matteo Bassetti, direttore della della clinica malattie infettive del San Martino: "Per quanto riguarda la media intensità e quindi i reparti di Malattie Infettive, al San Martino in questo momento, su circa 50 pazienti ricoverati, tolti quelli in terapia intensiva, solo uno ha bisogno di alti flussi di ossigeno, ovvero del casco. Ciò significa che il 98% dei pazienti ricoverati ha un quadro non grave, che non configura il quadro di covid, ma nella maggior parte dei casi si configura semplicemente la positività del tampone con presenza di altre patologie. Questa è la grande differenza che c’è tra il dicembre di quest’anno e lo stesso periodo del 2020 quando, su 40 posti letto in malattie infettive, avevamo 35 pazienti con il casco. La diversità dell’attuale situazione è frutto del fatto che molti dei pazienti che noi oggi abbiamo ricoverati sono vaccinati, ma si trovano in ospedale perché presentano una positività al tampone, senza tuttavia avere una patologia covid. Un ulteriore punto riguarda la grande spinta che abbiamo ricevuto negli ultimi 10 giorni sui monoclonali, che non solo vengono recepiti dai medici di medicina generale, ma ha iniziato ad esserci anche il passaparola tra le persone. Posso dire che questa settimana i monoclonali sono veramente esplosi come mai era avvenuto sino ad oggi: solo negli ultimi due giorni abbiamo somministrato oltre 30 monoclonali nella clinica di malattie infettive del San Martino di Genova. Oggi sono 17 i pazienti che, tra la mattina e il pomeriggio, sono arrivati alla nostra attenzione. Ad oggi, in Liguria, abbiamo trattato oltre mille pazienti con gli anticorpi monoclonali, ponendoci, in rapporto al numero di abitanti, al primo posto in Italia come utilizzo di questo presidio farmacologico, che ha dato una grande mano in termini di riduzione dei ricoveri. Di questi mille pazienti, probabilmente almeno un 50% non è transitato in ospedale. Un risparmio, a livello di ricoveri, anche in termini di costi".

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