
Coronavirus, residenze protette nel mirino: «Entro metà aprile testate 20mila persone»
La situazione nelle rsa resta grave: partiti i test sierologici su operatori e ospiti, entro l’11 aprile la copertura dovrebbe essere completa, ma i morti sono ancora tanti e non c'è chiarezza su quanti siano imputabili al covid-19
Ad ammetterlo è la stessa assessora alla Sanità, Sonia Viale, che martedì sera ha sottolineato che «l’attenzione nei confronti delle residenze sanitarie è altissima. È un anello fragile della catena del nostro sistema sanitario, e anche se gli enti gestori non fanno parte integralmente del sistema in quanto enti pubblici, li abbiamo sempre considerati facenti parte». La situazione delle residenze sanitarie protette è già stata affrontata da numerosi punti di vista, in primis quello della difficoltà a trovare dispositivi di protezione individuale per tutelare sia gli operatori sia gli ospiti.
Alcune rsa, che sul territorio ligure sono 320, nel corso dell’ultimo mese e mezzo, si sono trasformate in veri e propri “cluster”, come l’Istituto San Camillo di Genova, dove i morti sono 38 su 120 ospiti, o ancora Villa Crovetto, a Bogliasco. E casi si sono registrati anche ad Alassio, Borghetto Santo Spirito, Imperia, Brugnato: il covid-19 entra in strutture dove la maggior parte degli ospiti sono anziani, spesso con patologie pregresse e corniche, e attacca letalmente organismi già debilitati. Con conseguenze tragiche, come dimostrano i bollettini che quotidianamente arrivano: degli oltre 600 morti sino a oggi registrati in Liguria, la gran parte è over 75.
«I dati precisi ancora non li abbiamo - ha detto il governatore ligure Giovanni Toti - è chiaro che nelle rsa la situazione è complessa, ma come in tutta Italia. Di sicuro i morti non sono, comunque, superiori di 5-6 volte rispetto a quelli forniti, è un dato che non sta né in cielo né in terra». A oggi, però, un dato ufficiale su quanti morti nelle residenze protette siano ascrivibili al covid-19 non c'è: «Probabilmente perché si tratta di persone che avevano molte patologie pregresse più gravi rispetto al covid», ha sottolineato ancora Toti.
Gli allarmi, dai direttori sanitari, erano però partiti settimane fa: poche mascherine per operatori e ospiti, mancanza di protezioni come guanti, visiere e camici, e l'unica arma rimasta per combattere l'infezione è stata chiudersi dentro e tenere lontani anche i parenti. Che inizialmente hanno protestato, ma poi hanno capito e si sono tenuti a distanza. Alcuni di loro, però, proprio per questa clausura forzata non sono neppure riusciti a vedere, e salutare, per l'ultima volta i loro cari.
In Liguria, dove sono 12mila i posti letto nelle rsa e dove è stato chiesto l’ausilio di infermieri militari per gestire la situazione nelle strutture, l’arma che Alisa sta mettendo in campo per combattere l’infezione nelle case di riposo sono i test sierologici, quelli finalizzati a individuare immunoglobuline specifiche nel sangue per capire chi è stato contagiato e come l’organismo ha reagito.
«Abbiamo iniziato i test sierologici a tappeto, verso tutte le residenze e tutto il personale, ospiti e lavoratori - ha detto Viale - A oggi abbiamo effettuato 11mila test, e raggiungeremo entro la metà di aprile i 20mila test, che è il numero complessivo di ospiti e operatori. I test sono stati effettuati in tutte le Asl, e presto arriveremo ad avere la mappatura di tutto il nostro territorio».