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Coronavirus

Bassetti: "Oggi il covid è molto simile a un'influenza"

L'infettivologo genovese ha affrontato diversi temi, dalla riapertura delle scuole, alla riduzione della capienza degli stadi, fino a Deltacron

Nel giorno dell'entrata in vigore di nuove norme per contenere la diffusione del coronavirus, il direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti ha detto la sua sugli ultimi provvedimenti del governo e sull'evoluzione della pandemia.

"Quello che mi augurerei di sentire da un presidente in gamba come Mario Draghi è che fondamentalmente siamo di fronte alla fase endemica del virus - dichiara Bassetti all'Adnkronos Salute -, in cui forse dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento che non può essere quello di fare milioni di tamponi per andare a scovare degli asintomatici positivi, ma di concentrarsi unicamente su chi oggi ha i sintomi".

L'infettivologo rivolge un appello al presidente del Consiglio Mario Draghi che oggi pomeriggio terrà una conferenza stampa per spiegare gli ultimi provvedimenti del Governo. Inoltre secondo Bassetti, "il premier dovrebbe dire che c'è una ipercircolazione virale, come avvenuto anche in passato con l'influenza: ricordo il 2004, il 2005 ma anche nel 2017 quando nelle prime due settimane c'erano milioni di italiani a letto con l'influenza. Oggi - spiega l'infettivologo - siamo nella fase in cui avere covid significa avere una forma veramente molto simile all'influenza".

"L'apertura delle scuole è una scelta obbligata e non coraggiosa. Non si poteva non aprirle evidentemente - prosegue Bassetti -. Ci potrà essere un aumento dei casi ma non credo di più di quello visto con gli istituti chiusi a Natale. Questo è un virus che galoppa a prescindere dalla chiusura di stadi e scuole. Arriveremo presto a oltre 300mila contagi come già avvenuto in altri Stati senza che si ponessero il dubbio sulle aperture, le scuole vanno aperte cercando di renderle sicure aumentando le vaccinazioni".

"Su Deltacron dobbiamo capire di più - prosegue l'infettivologo -. Alcuni esperti virologi dicono che non è una nuova variante ma un errore di laboratorio, quindi più una contaminazione di Omicron su Delta. Dall'Imperial College di Londra alcuni virologi mettono in dubbio anche l'esistenza stessa di questa variante. Allora, cerchiamo di fare meno allarmismo e aspettiamo di capire di più".

Oggi Bassetti è stato ospite di Radio anch'io Sport su Rai Radio1. "La riduzione della capienza degli stadi a 5mila spettatori? È un errore, un colpo difficile - dichiara Bassetti - per chi è stato vaccinato con una doppia o tripla dose e magari ha fatto un abbonamento. Gli si dice che si porta la capienza a 5mila senza guardare alla capienza dell'impianto: è l'ennesimo modo per colpire il calcio come sono state colpite le discoteche e i luoghi del divertimento, senza una logica".

"Lo trovo sbagliato, gli stadi sono luoghi sicuri se si fanno applicare le regole che si conoscono - insiste l'infettivologo -: l'utilizzo del super green pass, le mascherine. Mi sembra si facciano le regole e dopo una settimana si torna indietro e si cambia. Mi sembra un atteggiamento alquanto cervellotico nella gestione di questa fase endemica che non aiuta e segue più la pancia che non la testa".

"Nel gennaio 2021 - ricorda Bassetti - dissi che i giocatori dovevano essere vaccinati tra i primi per dare l'esempio e perché rappresentano un ruolo a rischio. Il calcio è uno di quei settori in cui la vaccinazione dovrebbe esser fatta obbligatoria, perché sono dei lavoratori e perché fanno uno sport a rischio contagio. Per i giocatori vaccinati questa è veramente una forma di influenza, dove dobbiamo usare gli stessi strumenti usati per le forme infettive contagiose come l'influenza: ai sintomi faccio la diagnostica e ti tengo a casa i giorni necessari, se non hai i sintomi evitiamo di fare milioni di tamponi".

"Usciamo da questa logica persecutoria del tampone che porterà inevitabilmente al blocco del campionato e probabilmente anche al blocco dell'Italia, il rischio è di arrivare a un lockdown non voluto ma inevitabilmente legato ai milioni di tamponi che facciamo. Se per ogni volta che c'è un positivo mettiamo in isolamento tutti i suoi contatti pensate cosa succede alla fine delle prossime due settimane", conclude.

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