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Il coronavirus in età pediatrica, complicanze ed effetti secondari

Elio Castagnola, direttore dell'unità complessa di Malattie Infettive del Gaslini, e il professor Angelo Ravelli, direttore della clinica pediatrica dell'Istituto spiegano come si manifesta il covid nei bambini

Mercoledì sera nel corso del punto stampa sul covid sono intervenuti anche il dottor Elio Castagnola, direttore dell'unità complessa di Malattie Infettive del Gaslini, e il professor Angelo Ravelli, direttore della clinica pediatrica dell'Istituto Gaslini di Genova, che ha evidenziato l'insorgere in alcuni casi di bambini che hanno contratto il covid di una sindrome infiammatoria con infiammazioni delle piccole arterie e formazione di aneurismi aortici conosciuta come malattia di Kawasaki.

«Su 120 bambini ricoverati dal marzo dell'anno scorso al Gaslini - ha spiegato Castagnola -, abbiamo avuto un solo paziente che ha necessitato di un ricovero in terapia intensiva per la presenza di complicanze legate all'infezione. Quello che stiamo osservando in questo periodo è un aumento di soggetti positivi. L'incidenza si mantiene intorno al 10% dei tamponi effettuati con variazioni rispetto all'età dei soggetti».

«I più piccoli, età asilo ed elementari, risultano avere tassi di positività più alti - prosegue Castagnola -. Potrebbe essere una spia della presenza della variante inglese, che sappiamo essere più contagiosa per i bambini più piccoli. Ma il numero dei casi che richiedono un ricovero ospedaliero si mantiene costante. Quindi una maggiore infettività, ma non una maggiore gravità dei bambini che si sono infettati. Stiamo osservando problemi successivi».

«L'infezione da coronavirus colpisce raramente i bambini e anche quando i bambini vengono coinvolti, di solito dà una sintomatologia lieve - ha spiegato Ravelli -. Abbiamo però osservato in questi mesi di pandemia nei bambini la comparsa di alcune condizioni la cui origine è certamente legata al coronavirus, ma rimane ancora oggi misteriosa».

«La più seria di queste complicanze legate al virus - prosegue Ravelli - è rappresentata dalla cosiddetta sindrome infiammatoria multisistemica. In pratica questa condizione insorge a distanza di quattro/sei settimane dall'infezione acuta e i bambini che possono avere avuto il covid-19, improvvisamente sviluppano febbre elevata e alcuni sintomi che somigliano a quelli di una vasculite sistemica, cioè di una malattia che determina infiammazione dei vasi sanguigni, che è denominata malattia di Kawasaki, che i pediatri conoscono da più di 50 anni».

«Oltre alla febbre - spiega ancora Ravelli - si sviluppano delle macchie sul corpo che somigliano a quelle del morbillo. Questi bambini possono avere congiuntivite, arrossamento degli occhi, un edema delle estremità. Questo si osserva soprattutto negli adolescenti. Accanto a queste manifestazioni cliniche possono svilupparsi dei segni che sono molto più preoccupanti».

«Prima di tutto il dolore addominale - prosegue Ravelli - che può essere molto intenso e può simulare un addome acuto. Devo dirvi che tre dei bambini che abbiamo osservato al Gaslini con questa condizione sono finiti sul tavolo operatorio per il sospetto di un'appendicite acuta, che in realtà però non c'era. Era un quadro di addome acuto legato a questa condizione iperinfiammatoria multisistemica da coronavirus. Accanto ai sintomi addominali, questi bambini possono sviluppare un interessamento del cuore, quindi un'infiammazione del muscolo cardiaco, che può essere anche molto severa, portare a un'insufficienza cardiaca».

«A partire dalla prima ondata - continua Ravelli -, quindi dalla primavera dello scorso anno fino a oggi, abbiamo osservato venti casi di questa sindrome infiammatoria multisistemica al Gaslini, soprattutto nella seconda ondata molti di questi bambini si sono presentati con i sintomi che ho citato, quindi con un decorso piuttosto impegnativo. Li abbiamo trattati tutti tempestivamente con terapie adeguate, in particolare l'anakinra, e nessuno di questi bambini ha richiesto il ricovero in terapia intensiva e non abbiamo avuto alcun esito fatale. La condizione in molti casi però si è presentata in maniera estremamente aggressiva».

«Si ritiene che questa sindrome infiammatoria - prosegue Ravelli - non sia legata a un'azione diretta del virus, ma si pensa che sia la reazione immunitaria, anomala, di difesa nei confronti del virus in soggetti geneticamente predisposti, fortunatamente pochi, a causare questa condizione patologica».

«L'altra complicanza, sempre legata al virus, che abbiamo osservato, molto meno grave, è stato lo sviluppo di lesioni cutanee alle estremità, simili a quelle dei geloni - conclude -. Sono lesioni secondarie, nella maggior parte di questi bambini non è stato osservato alcun segno di pregressa esposizione al virus, ma il legame con il coronavirus è certamente assodato. Sono manifestazioni più lievi, che però possono essere durature, causare bruciore, dolore e quindi essere anche un motivo di disagio per il bambino. Sono lesioni che guariscono, anche se la guarigione può richiedere alcune settimane di tempo».

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