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Bassetti si racconta tra liceo, famiglia e hater: "I loro soldi non in beneficenza, li tengo per i miei figli"

L'infettivologo si è raccontato a tutto tondo nella puntata del podcast "Parliamone" uscita oggi, lunedì 6 febbraio

Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, si racconta a tutto tondo nella puntata di "Parliamone" uscita oggi, lunedì 6 febbraio. Il podcast, a cura degli under 30 Marco&Pietro, vuole condividere e raccontare esperienze di vita e riflessioni personali, e dopo le interviste a calciatrici, influencer, attiviste per i diritti delle donne e ceo di startup, è il turno dell'infettivologo genovese.

Niente covid, per una volta, seppur con qualche parentesi dedicata agli antibiotici: Bassetti, insieme ai conduttori, ha scelto di raccontare le sue vicende familiari svelando una parte della sua storia. 

La passione per la medicina: "Arriva da mio padre"

Bassetti non lo nasconde, la passione per la medicina è questione genetica: "Mio padre era un medico, ha iniziato al Gaslini di Genova e poi ha percorso una brillante carriera nel mondo delle malattie infettive e nell'ambito dello studio degli antibiotici negli anni '70. Quando ero piccolo lo seguivo quando andava in giro per l'Italia a parlare di antibiotici, mi piaceva, ho familiarizzato con quel mondo che mi ha appassionato ed è diventato poi il mio. Dunque mi sento fortunato perché non ho mai avuto il dubbio su cosa voler fare da grande. Ho fatto il liceo classico, l'università, poi sono arrivato a un punto in cui ho pensato di dedicarmi alla chirurgia. Sono andato, quando ero ancora all'università, nel reparto di cardiochirurgia del San Martino, mi è piaciuto molto ma ho capito che avrei dovuto passare anni in panchina. Ho preferito fare un mestiere in cui, se sei bravo, giochi da titolare".

E poi, con l'infettivologia, è stato amore a prima vista: "Mi piace questo lavoro, il rapporto con il paziente, l'emozione, il rivedere il sorriso sulle labbra delle persone che hai curato. Siamo in un mondo che è sempre nuovo, in continua evoluzione. C'è anche la didattica, il rapporto con i miei studenti che amo profondamente".

Il liceo e quella canzone scritta con Fabrizio Casalino

Parlando di studi, Bassetti ammette di non essere stato uno studente modello al liceo Calasanzio: "Avevo un preside straordinario, padre Casati, che ti faceva appassionare ma ti faceva anche il mazzo". Per prepararsi per la maturità "mi sono chiuso al Calasanzio per un mese con Fabrizio Casalino, mio compagno. Io e lui chiusi dentro a studiare per un mese, e abbiamo anche scritto una canzone". "Sapore di esame", che Bassetti ha intonato ai microfoni del podcast. 

Una piccola rivincita: sempre al liceo, una professoressa aveva detto a Bassetti che "tu potrai fare tutto nella vita tranne il medico". Dopo i primi cinque esami all'università, in cui prese tutti 30, l'infettivologo portò il libretto all'ex insegnante.

Il percorso all'estero e la malattia del padre 

Poi il percorso di studi, l'inizio in ospedale e la malattia del padre: "Ho iniziato l'università a Genova, mi sono specializzato in Malattie infettive con quattro anni di studio, sono andato negli Usa a Yale per un anno e mezzo, ma quando sono tornato ho iniziato a lavorare con mio padre al San Martino e dopo poco più di un anno si è ammalato di un tumore alla prostata metastatico. In un anno è morto. Ho perso un padre, una guida, un esempio. Quando si è ammalato non lo ha nascosto a nessuno e improvvisamente si è trovato a non contare più niente. Io di conseguenza mi sono trovato a 34 anni a dovermi rimettere completamente in gioco". Il medico ha poi parlato della sua esperienza a Udine e infine il ritorno a Genova. "Quando qualcuno dice che sono un 'figlio d'arte', sicuramente non lo nego, da mio padre ho ricevuto i geni, ma quando mi stavo avviando alla professione lui è mancato. Sono passati 18 anni e tutto quello che ho costruito l'ho fatto da me. Non ho mai avuto tessere di partito, la politica l'ho anche trattata abbastanza male, ma almeno tutti mi riconoscono schiettezza".

La notorietà: "Più di un anno con la scorta"

Nel 2020 arriva la notorietà dovuta alla pandemia e alle tantissime ospitate in tv: "Mi considero una persona fortunata, nata in una famiglia che mi ha dato tutto, ho fatto sempre quello che mi è piaciuto, ma dopo il clamore mediatico non sono cambiato. Vivo nella stessa casa dove vivevo prima, vado al mare a Celle come prima, frequento gli stessi amici, non sono cambiato. Se sono diventato una persona famosa è perché sono rimasto sempre me stesso".

La notorietà comunque ha i suoi pro e contro: "Sentirsi riconosciuti e apprezzati è bello. Ma c'è anche il lato brutto: non hai più una vita privata, ho vissuto per più di un anno con la scorta. Abito a Boccadasse, uscivo di casa con i miei familiari, noi a piedi e l'auto che ci seguiva. Alla mattina arrivava una pattuglia della Digos aspettando che uscissi per andare a lavorare, poi mi portava a casa. Era una situazione imbarazzante, ma gli agenti mi hanno fatto sempre sentire bene. Comunque, avrei fatto volentieri a meno della scorta".

Gli hater: "Chiederemo centinaia di migliaia di euro di danni, li darò ai miei figli"

È arrivata poi la domanda sul rapporto con gli hater: "Penso che i miei odiatori siano persone talmente vili e meschine che si meritano tutto il male che gli riverserò contro da adesso ai prossimi anni, perché il mio avvocato è arrabbiato, ha già iniziato con rinvii a giudizio, chiederemo centinaia di migliaia di euro di danni".

Bassetti smentisce chi ha parlato di beneficenza: "Questi soldi li tengo tutti e li darò ai miei figli. Li avete minacciati di morte? Avete mandato lettere a casa in cui dicevate che li volevate appendere per i piedi? Avete mandato proiettili in ospedale? Avete detto che sapete dove vanno a scuola? Adesso pagate, se non li avete non mi interessa, ve li porto via anche se avete il reddito di cittadinanza, poi li darò 'in beneficenza' ai miei figli. La giustizia italiana è lenta ma inesorabile".

Il rapporto con i figli adolescenti

Bassetti ha poi parlato del rapporto con i figli di 14 e 17 anni: "Un papà non capirà mai se è stato buono o cattivo mentre lo fa. Mentre in ospedale è più facile capire se sbagli e la cartina tornasole è più immediata, con i figli capisci se hai fatto un buon lavoro quando sono grandi. Con i miei figli cerco di essere un papà presente, che li ascolta, amo lavorare in ospedale vicino a casa perché mi consente tutti i giorni di pranzare con loro, cadesse il mondo io quell'ora me la ritaglio. Sono un papà presente, confidente, provo a essere amico anche se mi rendo conto che è difficile conciliare il ruolo. L'operazione che mi è riuscita meglio? - scherza - Farli diventare tutti e due genoani".

Covid: "Chiudere i reparti per proteggere i parenti è stata la misura più brutta, tornassi indietro cercherei di cambiarla"

Inevitabilmente qualche battuta finale non poteva non essere dedicata al covid e soprattutto alle regole legate agli ospedali di cui Bassetti ha parlato anche ultimamente: "In quel momento abbiamo fatto di necessità virtù - conclude - chiudendo i reparti perché era l'unico strumento per proteggere i parenti. Ma se oggi devo pesare quanto ci è costato, credo che sia stata forse la misura che ci è costata di più. Vedere gente che è morta sola, senza avere una parola di conforto da parte di marito, moglie, figli, genitori, se tornassi indietro è una delle cose che probabilmente cambierei. Cercherei il modo di farli stare insieme, bardandoli, in qualsiasi modo, ma dando loro la possibilità di quel contatto che è mancato. Siamo umani, abbiamo bisogno di tenere la mano a qualcuno. Quando mia mamma è mancata nel 2020 l'ho portata nella casa di cura Montallegro perché in ospedale non era possibile avere visitatori, le ho tenuto la mano fino al momento in cui è morta. È una delle storie più brutte del covid, si è tolta l'umanità. L'errore non è stato tanto all'inizio, quanto nel voler continuare a mantenere questa misura forse troppo a lungo. In Italia siamo eccessivamente burocratizzati".

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