La lettera di un giovane genovese disoccupato a Marco Doria: «Sindaco, non mi faccia lasciare la mia città»
Riceviamo e pubblichiamo una lettera spedita al sindaco Marco Doria da Matteo (il cognome è volutamente omesso), 26 anni, disoccupato e tanta voglia di vivere la sua (e nella sua) città. Di seguito il testo integrale della lettera, così come ci è stata inviata:
"Caro Sindaco Doria,
sono Matteo (...) un semplice cittadino della Val Polcevera, ho 26 anni e sono disoccupato.
Le scrivo poichè la situazione in cui mi trovo mi fa sentire inutile e umiliato.
Pur avendo un gran desiderio di lavorare e rendermi utile, purtroppo noto che in questa città la ricerca di un'occupazione è assai difficile (quasi nulla) e pur avendo partecipato a concorsi in cui per mia fortuna o sfortuna sono riusciuto ad entrare in graduatoria (vedi Aster) mi ritrovo ad aspettare (e a non conoscere il mio destino) poichè le assunzioni sono state bloccate.
Ora io le chiedo: come può un ragazzo della mia età, trovare un lavoro in una città che non offre alcuna possibilità? Come può un ragazzo della mia età costruirsi una famiglia, un futuro, una "carriera" lavorativa? Come mai questa città non dà spazio ai giovani e se un minimo di spazio c'è non si nota?
Lei è il Primo Cittadino colui che rappresenta Genova, la Mia città, ed io mi sento l'ultimo; non sò se lei leggerà mai questa mail o se i suoi collaboratori la riterranno inutile e la cestineranno, ma a prescindere di come e dove andranno a finire queste poche righe io le chiedo di aprire le porte ai ragazzi e non solo a parole ma con i fatti.
Parlando egoisticamente e senza mezze misure mio Caro Sindaco, riuscirebbe ad aprire in tempi brevi qualche spazio lavorativo in questa città dove finalmente iniziare una vita?
Nei miei pochi anni di "occupato" ho sempre svolto attività lavorative saltuarie che non andavano oltre i 3/6 mesi, e non sono mai stato licenziato per richiami, assenze, inaffidabilità, inefficienza. Ma perché non c'era possibilità di rinnovo, o perchè la sostituzione era finita, o perchè l'appalto era stato perso o addirittura perché pur essendo un ottimo operaio o commesso le feste comandate erano finite e quindi non c'era più bisogno di me.
Non voglio lasciare la mia città, il mio Paese e trasferirmi altrove come molti giovani della mia età, vorrei mantenere le mie radici e far capire a voi cariche istituzionali che il grido d'aiuto non arriva solo in forma silenziosa, dove tutti si lamentano della mancanza di lavoro ma nessuno fa nulla, poichè siamo nel periodo di crisi e poichè l'indice di disoccupazione è alto. Per far andare avanti l'Italia o le città che ne fanno parte credo sia giusto non solo da parte nostra investire o effettuare una ricerca dissennata di lavoro, credo che il lancio dovrebbe venire da voi. Forse chiedo troppo ma io voglio e devo lavorare.
IL LAVORO NOBILITA L'UOMO e non è solo un DOVERE ma è soprattutto un DIRITTO!
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Ecco questo è il primo Articolo ennuncia proprio questo, io credo che per dare speranza a me e ad altri come me; bisognerebbe partire da qui.
Concludo questa lettera citando un giovane rapper italiano, Fedez: "Adolescenti che non cercano lavoro, voi parlate spesso dei giovani e troppo poco con loro. Quando chiedono impartiscono,pretendono e proibiscono, in questo mondo malato il sogno è diventato un sintomo."
Questo è il mio grido d'aiuto spero che lei capirà e darà ascolto.
Matteo"