"Porcile" di Pasolini al Duse, l'umanità senza redenzione
L’impossibilità per l’individuo di vivere senza essere vittima della violenza di un mondo cannibale, ormai ridotto a porcile. Un dramma, e poi anche un film, ambientato da Pier Paolo Pasolini nella Germania post nazista.
Scritto nel 1966 e adattato per il cinema tre anni dopo, Porcile è un dramma in undici episodi che racconta una realtà antropologica ormai priva di possibile redenzione, perché in un mondo dove tutti mangiano tutti, non ci può essere spazio per la speranza dell’individuo di vivere secondo le proprie coordinate, i propri istinti, preservando la propria intima natura dalla violenza di un mondo cannibale.
Ambientando la pièce nella Germania del dopo nazismo, Pasolini concentra la propria attenzione su Julian, figlio «né ubbidiente né disubbidiente» di una coppia della borghesia tedesca, che trova nel porcile paterno un amore “diverso” e “non naturale” che, tuttavia, lui riconosce come scintilla di «vita pura». Una passione misteriosa la sua, tale da farlo diventare simbolo del disagio di chi non si riconosce nella società a lui contemporanea.