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Cultura

Il "Riccardo III" al Duse mostra un'Inghilterra da "Trono di spade"

Tra le particolarità, un Riccardo III "diviso" in tre, e le sue voci interiori che lo accompagnano

Il Male  - quello con la M maiuscola - può essere indossato come maschera seducente? Quanto è destinato a durare il potere, quando è conquistato con la violenza e il sangue? Che ruolo ha la coscienza nelle nostre azioni? Qual è il confine tra ambizione smodata e follia?

Sono queste le principali domande del "Riccardo III" di Shakespeare, in scena da ieri (mercoledì 5) e fino al 9 febbraio 2020 al teatro Duse di Genova, "battesimo" degli attori del Master di Recitazione, per la regia di un grande del teatro genovese e italiano come Massimo Mesciulam.

La trama corre sul filo della Guerra delle Due Rose in Inghilterra, tra le famiglie Lancaster e York, e il Male in questo caso è incarnato da Riccardo di Gloucester, che pur di salire al trono mette in atto una serie di azioni spietate degne - per parlare nel linguaggio delle serie tv - de "Il Trono di Spade" (che del resto deve tanto al teatro elisabettiano). Tra fratelli che si uccidono tra di loro, zii che non risparmiano neanche i nipotini, tradimenti e matrimoni combinati per accumulare sempre un maggior potere, Riccardo III, corpo deforme e cervello sopraffino nel tessere intrighi, è spinto da un'ambizione divorante che evolve in pazzia, in un crescendo che conduce fino all'inevitabile epilogo, con la celebre battuta «Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!» dopo la battaglia di Bosworth Field.

L'allestimento comprende scenografia e costumi moderni per l'azione dei 16 giovani attori in scena, e poi, tra le scelte più importanti e particolari, la parte di Riccardo recitata da tre attori come tre personalità che si alternano, passandosi il costume (quasi una partenogenesi) direttamente durante l'azione, e poi due attrici sempre con lui, le sue sub-personalità, voci interiori in realtà non presenti nell'originale di Shakespeare, ma che prendono in prestito le battute di Riccardo III. Quasi due demoni che contribuiscono a corrompere l'anima del re. È dunque una tragedia, sì, ma si ride anche, con i personaggi surreali tipici dell'autore come i due sicari che - poco prima di compiere un assassinio - si perdono in un esilarante dialogo sulla coscienza. 

Alla fine della prima, tra gli applausi, gli attori del Master - che hanno portato a compimento un percorso di tre anni - hanno ricevuto i loro diplomi in presenza di Davide Livermore, nuovo direttore del Teatro Nazionale di Genova, Marco Sciaccaluga, direttore didattico della Scuola di Recitazione, l'assessore regionale alla Cultura Ilaria Cavo e Corrado Pardi del Banco BPM: l'esame (anche quello del pubblico) è superato. 

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