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Cultura

I lavoratori dello spettacolo proclamano lo stato di agitazione: il 30 maggio presidio a Genova

Appuntamento il 30 maggio in piazza De Ferrari per un presidio di protesta

Teatri chiusi e spettacoli annullati da febbraio. Cartelloni bruscamente interrotti insieme a progetti, idee e, ultimo ma non ultimo, introiti. I teatri potranno riaprire le loro porte a metà giugno, ma in quanti si sentiranno sicuri ad assistere a uno spettacolo con distanziamento e mascherine?

Così i lavoratrici del settore dello spettacolo e della cultura lanciano alle istituzioni il loro grido di dolore proclamando lo stato di agitazione permanente: a Genova l'appuntamento per il presidio di protesta è il 30 maggio in piazza De Ferrari alle 17, con lo slogan #convocatecidalvivo.

«Siamo lavoratrici e lavoratori dello spettacolo e della cultura italiana, riuniti in un Coordinamento nazionale di realtà, collettivi e movimenti autonomi indipendenti, che si riconoscono negli art. 4, 9 e 33 della Costituzione Italiana, nella cultura etica del lavoro, nei suoi doveri e nei suoi diritti. Ma siamo anche tutte le cittadine e i cittadini che hanno fame di cultura! Il 19 maggio 2020 abbiamo inviato il Documento Emergenza alle Istituzioni, chiedendo espressamente di essere ricevuti con urgenza entro il 30 maggio, per discutere su una serie di punti».

Nello specifico, i lavoratori chiedono garanzie su un reddito di continuità che traghetti il comparto culturale fino alla ripresa piena dei singoli settori e ne tuteli e garantisca l’esistenza (salvaguardando i rapporti di lavoro in atto, anche attraverso incontri politici e tecnici, quindi alla presenza di ministeri e INPS), e su un tavolo di confronto tecnico-istituzionale immediato sulla riapertura, fra lavoratrici, lavoratori, sindacati, governo e istituzioni, che abbia come priorità salute per lavoratori e pubblico, protocolli di sicurezza, finanziamenti pubblici, strumenti di riforma, sia per la ripartenza in presenza, che per una virtualità sostenibile e democratica. La lettera con queste due proposte era stata inviata al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dei Beni e delle Attività Culturali, al presidente Agis Carlo Fontana, al presidente di FederVivo Filippo Fonsatti, al presidente di Anica Francesco Rutelli, al presidente dell'Inps Pasquale Tridico, e a tutti i presidenti delle Regioni e alle Province Autonome.

«Non avendo ricevuto risposta, proclamiamo uno stato di agitazione permanente, con Manifestazioni unitarie nelle principali piazze italiane - dicono i lavoratori, che continuano -. Le riaperture dei teatri il 15 giugno, così come sono state concepite, non hanno alcun senso. Occuperanno un numero bassissimo di operatori cercando di coprire, con eventi spettacolari e pompati dai media, l’impossibilità di riaprire i battenti per la maggior parte delle realtà del settore. Allo stesso tempo lasceranno senza tutela tutti gli esclusi da questi eventi e scaricheranno su maestranze ed organizzatori privati gli oneri e le delicate responsabilità di controllo sanitario. Si stima che solo il 15% delle realtà potremmo ripartire e che al massimo il 20% di lavoratrici e lavoratori potrà essere occupato. Pochi grandi eventi monopolizzeranno l’attenzione mobilitando tutte le risorse pubbliche mentre il tessuto culturale fatto di piccole e medie realtà che fa respirare arte al nostro paese morirà. Tecnici altamente specializzati resteranno senza lavoro così come attori, danzatori, registi, scenografi, costumisti, truccatori, scrittori e musicisti, sacrificati sull’altare di una riapertura di facciata che serve alla politica per lavarsene le mani. La Cultura appartiene a tutti, difendiamola insieme».

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