"Antropolaroid", la Sicilia raccontata attraverso la storia di una famiglia al teatro Modena
È stato un debutto felice, quello di Tindaro Granata. Dopo anni passati facendo i mestieri più diversi, incontra finalmente il teatro: talentuosissimo interprete, esordisce da solista nel 2011 con Antropolaroid, un “monologo a più voci” che subito lo impone alla scena nazionale. Lo spettacolo, recitato in buona parte in dialetto siciliano, riceve subito numerosi premi, e il consenso del pubblico. Basta scorrere le recensioni, le critiche raccolte in oltre duecento repliche (quasi un record per l’Italia) per capire di che pasta è fatta questa polaroid, scattata tra antropologia e memoria.
Per Anna Bandettini, di Repubblica: «L’intreccio è ben costruito, strutturato cronologicamente ma anche con flash back… Poi c’è Tindaro, che li fa tutti, il nonno, il padre, la nonna e bisnonna, la mamma, zia Peppina, le sorelle, gli amici: solo in scena, con una sedia, alterna voci, posture, espressioni, con abilità e leggerezza».
Scrive invece Renato Palazzi del Il Sole 24 Ore: «L’attore-autore è davvero molto bravo nello strappare questi scorci di vita vissuta a una memoria strettamente personale, attribuendo loro un autonomo valore icastico ma caricandoli anche di densi richiami allusivi, mantenendoli nel calore degli affetti senza perdere di vista il più vasto quadro cui rimandano. Lo spazio vuoto valorizza la sua gestualità secca, essenziale, usata con estrema padronanza».
E infine, Giulio Sonno, su Paper Street: «Tra musiche di balera, vertigini verbali, dolori taciuti, scorrono davanti agli occhi istantanee domestiche, che poco a poco vanno a comporre l’affresco di una storia più grande, ma non un’epopea, un desiderio semmai, tramandato di generazione in generazione: evadere dalla tara sociale, ribellarsi a quel fato ineludibile per cui i figli devono patire la stessa sorte dei padri…».