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Economia

Lavoro: un'assunzione su sei è a tempo indeterminato

I dati relativi al 2011 dicono che, nella sola Provincia di Genova, su 157.993 'movimenti' sul mercato del lavoro, poco più di 25 mila (25.351) sono state attivate con contratti a tempo indeterminato (16 per cento)

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di GenovaToday

Oggi pomeriggio, giovedì 10 maggio 2012, a Genova un grande gazebo rosso ha accolto quanti fra lavoratori e cittadini hanno raccolto l’invito della Cgil a informarsi e mobilitarsi contro la precarietà del lavoro. L’iniziativa dal titolo “Precarietà: l’unico taglio giusto” è stata organizzata dalla Camera del lavoro nell’ambito della giornata nazionale che la Cgil ha dedicato proprio alla precarietà del lavoro.

I dati parlano chiaro: nel 2011, nella sola Provincia di Genova, su 157.993 “movimenti” ossia l’insieme complessivo delle assunzioni registrate con le 46 forme di lavoro ancora oggi disponibili per le imprese, poco più di 25 mila (25.351) sono state attivate con contratti a tempo indeterminato (16 per cento). C’è da sottolineare che questa percentuale, se si guarda agli ultimi tre anni, inesorabilmente tende a decrescere. A far la parte del leone sono stati invece i contratti di lavoro precario; primo fra tutti quelli a scopo di somministrazione con 27.678 movimenti di cui ben 13.209 prorogati con la stessa forma di contratto e solo 338 trasformati in altra tipologia contrattuale. Anche il lavoro intermittente è una forma di assunzione molto praticata: 14.171 sono state le assunzioni,  ma solo 1.368 le proroghe  e 365 le trasformazioni.

Capitolo a parte è rappresentato dall’apprendistato e dai tirocini: nel primo caso su 5.705 assunzioni, solo 870 sono state le trasformazioni a tempo indeterminato, nel secondo caso i tirocini sono stati 4.054 con 19 trasformazioni.

Nella pubblica amministrazione i precari assunti a tempo determinato sono stati 4.989, di questi solo 110 hanno ottenuto una qualche continuità. 

Nell’ultimo triennio mentre diminuisce la percentuale dei contratti di lavoro a tempo indeterminato, aumentano in modo significativo alcune tipologie di lavoro precario, in particolare il lavoro intermittente che passa da 2.086 nel 2008 a 14.171 nel 2011, quello in somministrazione che passa da 19.971 nel 2008 a 27.678 nel 2011 e quello a tempo determinato che passa da 32.904 a 50.582. Anche l’unica tipologia contrattuale uscita dalla porta e rientrata dalla finestra (in un primo momento era sparita dal testo della riforma, ora è ricomparsa) ossia l’associazione in partecipazione ha contato 569 movimenti di cui solo 17 hanno avuto una qualche continuità. La Cgil ha combattuto anche con iniziative pubbliche (vedi presidio in Fiumara del 13 gennaio scorso) questa forma di contratto particolarmente ambita dalle imprese soprattutto nelle attività di vendita, in sostituzione del regolare contratto di lavoro dipendente: un commesso assunto come associato in partecipazione, rispetto ad un dipendente, ha stipendio e pensione più bassi, niente tfr, niente tredicesima e nessuna indennità di disoccupazione in caso di perdita del posto di lavoro. Dietro a queste tipologie di lavoro si nascondono vere e proprie situazioni di sfruttamento e di lavoro subordinato mal pagato  o non pagato affatto, ma soprattutto si consuma il dramma di tanti giovani che non solo rimangono intrappolati in un meccanismo che toglie i diritti, una giusta retribuzione e soprattutto non garantisce nessun futuro.

I dati quindi dimostrano come gli auspici del Ministro Elsa Fornero di far diventare il contratto a tempo indeterminato la tipologia prevalente nelle assunzioni sia molto lontana dalla situazione reale del mercato del lavoro.  Per mesi il Governo ha annunciato di voler cancellare la precarietà ed estendere gli ammortizzatori sociali. Alla fine la riforma del lavoro è un nulla di fatto, rimangono solo gli annunci o poco più. In compenso è stata alzata l’età pensionabile, riducendo le possibilità di accesso al lavoro e sono stati ridotti gli ammortizzatori sociali senza peraltro renderli accessibili ai precari.

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