rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Violenza sulle donne, un archivio per "schedare" gli autori

La questura di Genova adotta un nuovo modello d'intervento per contrastare il fenomeno dei maltrattamenti in famiglia, dello stalking e del femminicidio: un database che raccoglie tutti i dati sugli episodi registrati

L’ultimo caso lo scorso maggio in un’abitazione di Staglieno: una donna di origini cingalesi picchiata e presa a bottigliate dal marito ubriaco davanti agli occhi della figlioletta. I poliziotti delle Volanti della questura, intervenute su segnalazione dei medici dell’ospedale San Martino, hanno trovato l’uomo a casa, addormentato per smaltire l’alcol ingerito. Ma da febbraio a oggi i casi di violenza domestica, maltrattamenti e stalking sono stati almeno 50, 10 nuovi ogni mese, e si parla soltanto degli episodi denunciati: è proprio per mettere un freno a un fenomeno sempre più frequente che la squadra dell’Upg della questura genovese ha firmato un nuovo progetto finalizzato a raccogliere tutte le segnalazioni e gli interventi e a “schedare” i violenti, in modo da creare un vero e proprio database finalizzato alla prevenzione e all’aiuto mirato.

Il progetto, fortemente voluto da Alessandra Bucci, dallo scorso gennaio dirigente della Squadra Volanti, si chiama “Eva”, sigla che sta per “esame delle violenze agite”, e prevede l’utilizzo di un preciso modello di intervento cui gli agenti chiamati per una lite familiare devono attenersi per assicurare alle vittime di violenza supporto non soltanto dal punto di vista morale, ma anche pratico e legale, raccogliendo quante più prove e testimonianze possibile. 

Un obiettivo perseguibile anche attraverso una nuova “check-list”, un modulo che i poliziotti devono compilare per costruire una sorta di “cronistoria” delle violenze, sin dalla primissima volta in cui intervengono, (che spesso, purtroppo, si rivela la prima di una lunga serie): lo scopo è avere a portata di mano i dati necessari per aiutare chi è vittima di violenza o di stalking, e costruire una banca dati consultabile ancora prima dell’intervento a garanzia della sicurezza degli stessi agenti.

«Compilando la check-list a fine intervento, gli operatori contribuiscono a creare un database che serve non soltanto a raccogliere prove e documentare, ma anche ad arrivare sul posto preparati - conferma la dirigente Bucci - Nell’abitazione ci sono armi? Figli minori? L’aggressore ha precedenti di polizia? La polizia è già intervenuta allo stesso indirizzo per episodi simili? La casa stessa si trova in un luogo isolato, ci sono vicini che possono testimoniare di altri episodi di violenza? Sono tutti elementi utili per diversi motivi, in primis tutelare quanto più possibile la vittima».

Perfezionato anche il modello d’intervento sul posto: in caso di chiamata per lite in famiglia, gli agenti devono ascoltare separatamente il racconto delle persone coinvolte, approcciarsi a eventuali minori presenti in modo da non intimorirli, fotografare, se presenti, segni di lotta o violenza come mobilia o arredamento distrutti, e se possibile documentare anche le ferite della vittima. Che non sempre vuole sporgere denuncia, ormai soggiogata dal suo aguzzino, fisicamente e, sempre più spesso, psicologicamente ed economicamente: «Ci capitano casi di donne che hanno scelto, magari in accordo con il compagno, di non lavorare per prendersi cura della casa e dei figli, e si ritrovano ad avere 10 euro in tasca per fare la spesa, o costrette a mendicare per effettuare i loro acquisti - racconta ancora Bucci - La violenza spesso non lascia segni visibili, sta a noi leggere tra le righe, captare i segnali, e monitorare situazioni potenzialmente a rischio. Proprio a questo serve il progetto Eva, già adottato con successo dalla questura di Milano».

Che succede, dunque, se le violenze sono ripetute, ma la vittima ancora non ha avuto la forza o il coraggio di denunciare? «Innanzitutto cerchiamo di trasmettere un messaggio fondamentale: esistono soluzioni alternative. Amici, parenti, centri anti-violenza cui rivolgersi per chiedere aiuto e allontanarsi da una casa diventata una prigione - prosegue Bucci - Inoltre, grazie al database, nel caso in cui ci si trovi di fronte a un comportamento reiterato come i maltrattamenti in famiglia o stalking, tutto è documentato, e ci sono gli estremi per procedere d’ufficio. Si può ricorrere all’allontanamento coatto da casa, un atto che è il pubblico ministero in tempo reale ad autorizzare in caso di estrema necessità, ed effettuare l'arresto».

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Violenza sulle donne, un archivio per "schedare" gli autori

GenovaToday è in caricamento