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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Agente aggredito da un detenuto al San Martino

La Uilpa polizia penitenziaria torna a richiamare l'attenzione sulla situazione delle carceri e sulle condizioni di lavoro degli agenti

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di GenovaToday

Un nuovo appello, l'ennesimo, indirizzato al Capo del Dap, Santi Consolo e al ministro della Giustizia Andrea Orlando. A farlo è la Uilpa polizia penitenziaria, che torna a puntare l'indice sul grave fenomeno delle aggressioni subite dagli agenti penitenziari da parte dei detenuti.

«Ieri l'ennesima aggressione - commenta Fabio Pagani, segretario regionale - subita da un poliziotto penitenziario presso Reparto detenuti dell'ospedale San Martino di Genova. Un agente è stato aggredito da un detenuto nigeriano con gravi problemi psichiatrici (con reati di violenza sessuale) ed è stato trasportato al pronto soccorso dove è stato refertato con una prognosi di 4 giorni».

«Dal 1 gennaio 2017 - prosegue Pagani - gli episodi di aggressione (territorio nazionale) in danno di poliziotti penitenziari, perpetrati da soggetti detenuti, hanno comportato il ferimento di 310 operatori, di cui circa 130 che hanno riportato prognosi superiori ai 7 giorni. Dopo aver criticamente rilevato come il modello più adottato sia quello del “regime aperto” ovvero un modello di sorveglianza che “sostanzialmente, non prevede protocolli particolari ma solo il prolungamento dell'orario di apertura delle celle con la contestuale presenza negli ambienti detentivi del personale di polizia penitenziaria, inevitabilmente esposto a fattori di rischio senza concreta possibilità (operando disarmato) di poter difendere la propria incolumità fisica - ogni aggressione subita da un poliziotto penitenziario è da considerarsi una aggressione allo Stato. Chiediamo al Dap che nei confronti dei detenuti violenti si adottino misure esemplari che, nel pieno rispetto della legge e di ogni garanzia, rendano più stringente il regime detentivo a cui devono essere sottoposti. Continuiamo a sostenere che la sorveglianza dinamica sia una soluzione opportuna e intelligente - prosegue Pagani - ma cominciamo ad avere dubbi sulla volontà e sulla capacità dei dirigenti penitenziari di volerla trasformare in un modello innovativo e vincente. La polizia penitenziaria non può essere l'agnello sacrificale alle criticità ataviche del sistema penitenziario. Occorre restituire dignità lavorativa e condizioni di sicurezza alle donne e agli uomini dei baschi blu. Solo così - chiude Fabio Pagani - lo Stato potrà recuperare credibilità e autorevolezza all'interno dei gironi infernali delle nostre prigioni».

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