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Cronaca Centro Storico / Vico Biscotti

Omicidio di vico Biscotti, il killer a Marassi. Ecco come fu uccisa la vittima

Indivuato e arrestato in Spagna, Mbacke Serigne Fall detto “Dj” è arrivato nel capoluogo e si trova in carcere. La ricostruzione dei fatti anche grazie ai filmati delle telecamere di sorveglianza

Cinque mesi di indagini serrate, concluse con l’arresto di due persone, una delle quali, il 24enne senegalese Mbacke Serigne Fall detto “Dj”, autore materiale del delitto, rintracciata in Spagna, estradata e oggi rinchiusa nel carcere di Marassi: quello che lo stesso pubblico ministero aveva definito “un caso difficile”, l’omicidio di un 44enne di origini marocchine in vico Biscotti, nel cuore del centro storico, a due passi dalla movida, si è ormai concluso con l’individuazione dei colpevoli e con l’arresto di quasi tutti, eccezion fatta per uno dei complici del killer che è ancora a piede libero.

Merito della collaborazione tra il Nucleo Operativo dei carabinieri della compagnia di Genova Centro, coordinati dal capitano Marco Comparato, e gli uomini delle stazioni di Prè e Maddalena, che con la loro conoscenza del territorio hanno fornito indizi fondamentali per arrivare agli autori dell’omicidio. In primis riuscendo a identificare la vittima, Mounhir Brahim, irregolare sul territorio e con precedenti per spaccio, ritrovato agonizzante con una profonda ferita da taglio alla gola la sera dell’11 novembre scorso a pochi passi da piazza delle Erbe: lo stesso uomo che la pattuglia che per prima era arrivata sulla scena aveva fermato qualche notte prima per un controllo durante il quale si era identificato falsamente come Mohamed Abdulah, proveniente dal Senegal.

Ma per ricostruire quanto accaduto bisogna fare un passo indietro di quasi sei mesi: è appunto la sera dell’11 novembre 2015, quando una residente di via San Donato si affaccia alla finestra attirata da urla e rumori di zuffa. Qualche piano più sotto, in vico dei Biscotti, vede tre uomini tenerne fermo un altro, accanirsi su di lui e poi fuggire nei vicoli lasciandolo a terra. Immediata la segnalazione ai carabinieri, che arrivati sul posto insieme con l’ambulanza trovano la vittima riversa davanti all’ingresso di alcuni box, in un lago di sangue. Inutili tutti i tentativi di rianimarla: muore pochi minuti dopo, senza fornire alcun indizio sui suoi aggressori. Ed è da qui che parte il difficile lavoro di indagine, basato sulle poche testimonianze raccolte, nonostante la quantità di gente che ha quantomeno parzialmente assistito alla scena, ma che preferisce non farsi avanti: “Abbiamo un problema di omertà in questo caso”, dirà qualche giorno dopo l’allora procuratore generale Michele Di Lecce.

Il lavoro dei carabinieri procede ugualmente, un pezzo alla volta, anche attraverso i filmati delle telecamere di sorveglianza di via San Donato che riprendono i tre uomini - “Dj”, il killer e il primo ad arrivare sulla scena, e due complici che lo hanno aiutato a tenere ferma la vittima mentre lui si accaniva con un coccio di bottiglia - dirigersi verso il luogo del delitto e poi abbandonarlo qualche minuto dopo. Il movente, dati i precedenti delle persone coinvolte, sembra inizialmente un regolamento di conti per il controllo della piazza di spaccio del centro storico, ma nel corso delle indagini prende piede una nuova ipotesi: Mounhir Brahim, quella sera ubriaco, avrebbe notato i tre senegalesi poco distanti apostrofandoli e lanciando loro una bottiglia, scatenando la loro reazione. Uno scenario completamente diverso rispetto al primo, adesso al vaglio degli inquirenti.

Qualche giorno dopo viene individuato e fermato il primo complice, un 23enne di origini senegalesi fermato in un bar di via Gramsci: “L'ho solo tenuto fermo, ma non l’ho colpito io”, dichiara sin da subito. E i carabinieri, anche tenuto conto delle testimonianze e dei filmati, gli credono. All’appello mancano dunque l’autore materiale del delitto e l’altro complice: il primo lascia Genova quasi subito dopo l’omicidio, si dirige all’aeroporto di Bergamo e da lì, usando documenti falsi, sale su un aereo diretto in Spagna, dove lo scorso marzo viene rintracciato nei dintorni di Saragozza, arrestato in base al mandato di cattura internazionale ed estradato in Italia e a Genova, dove è arrivato tre giorni fa ed è stato subito sottoposto a interrogatorio davanti al gip, con cui si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il secondo complice invece è ancora irreperibile, ma i carabinieri sono fiduciosi di riuscire a individuarlo e ad arrestarlo nel più breve tempo possibile.

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