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Cronaca

Morandi, relazione del Mit: «Interventi strutturali insufficienti davanti ai segnali di degrado»

Il documento è stato redatto da un gruppo di giuristi. Il crollo di ponte Morandi risulta «il tratto finale di una sequenza casuale, da tempo in corso, che il concessionario non è stato in grado di arrestare o deviare pur essendo a ciò tenuto»

Sul sito del ministero dei Trasporti è stato pubblicato l'integrale del parere sulla procedura di caducazione della concessione di Aspi, procedura avviata in seguito al crollo di ponte Morandi. La relazione è stata redatta dal gruppo di lavoro di giuristi istituito con il decreto ministeriale 119 del 29 marzo 2019.

Il documento, composto da 62 pagine e consultabile qui, si divide in dodici parti: si comincia con il ripercorrere le varie fasi del procedimento avviato in seguito al crollo del viadotto Polcevera; quindi vengono ricapitolate le tappe che hanno portato all'attuale rapporto concessorio con Aspi; il terzo punto è dedicato agli obblighi del concessionario in forza della Convenzione unica e delle altre norme rilevanti; il quarto al crollo e alle misure conseguenti.

Si passa quindi alle note di contestazione del Mit e alle controdeduzioni di Aspi; poi si parla dell'obbligo di custodia e di restituzione, della violazione degli obblighi di manutenzione, della gravità dell'inadempimento e relative implicazioni. Il nono punto è dedicato alla nullità dell'articolo 9-bis della Convenzione unica, il decimo alla possibilità di risolvere unilateralmente la Convenzione unica e alla competenza ad adottare e ad approvare l'atto di risoluzione. Infine analisi dei rischi di contenzioso e delle ricadute operative della risoluzione e le conclusioni.

I temi sono diversi, ma forse quello che tocca più da vicino i genovesi è l'analisi delle possibili cause del crollo. Nella relazione si legge che il cedimento del viadotto è «il tratto finale di una sequenza casuale, da tempo in corso, che il concessionario non è stato in grado di arrestare o deviare pur essendo a ciò tenuto».

Il documento elenca una lunga serie di allarmi e segnali di degradazione dell'opera «senza che facesse riscontro l'intensificarsi della spesa per interventi strutturali che anzi dal 2005 ad oggi è stata pari a soli 440mila euro». Infine la relazione definisce «estremamente improbabile» l'ipotesi, prospettata da Aspi, che l'ultima causa del crollo sia da rinvenire nella perdita di un carico pesante.

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