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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Sestri Ponente / Via Sestri

Deve scontare otto anni e mezzo, "sulla Jaguar quarantamila euro in contanti"

Il 33enne cinese è stato arrestato a Cantù. L'imprenditore risulta possedere quote di tre negozi di Genova, in via Sestri, via San Vincenzo e piazza Banchi

Nei giorni scorsi, dopo oltre un anno, è terminata a Cantù in provincia di Como la latitanza dell'imprenditore cinese di 33 anni, ricercato per un provvedimento di carcerazione emesso dalla Procura di La Spezia (ex provvedimento esecuzione pene della Procura Generale di Genova) dovendo scontare una pena di 8 anni, 7 mesi e 23 giorni di reclusione, relativa a undici condanne per violazioni del testo unico delle leggi doganali, introduzione di prodotti con segni falsi, ricettazione, uso di marchi e segni contraffatti spaccio di sostanze stupefacenti, violenza sessuale, lesioni e uso di atto falso, commessi a Genova, Milano e La Spezia nel periodo compreso tra il 2004 e 2008. Ne danno notizia gli uomini dell'Arma.

Il 33enne - secondo quanto è stato riportato dai carabinieri - è stato individuato a bordo di una Jaguar dopo essere stato pedinato a Genova e successivamente fermato a Cantù. L'uomo si era reso irreperibile nel mese di luglio 2015 dopo che la Procura Generale di Genova aveva emesso nei suoi confronti un ordine di carcerazione (successivamente trasmesso alla Procura di La Spezia). I preliminari accertamenti hanno consentito di accertare che l'imprenditore cinese, venuto a conoscenza del mandato di cattura, era rientrato in Cina ma i controlli e verifiche sullo stato patrimoniale dello stesso (avendo quote di società relative a oltre 20 punti vendita di abbigliamento ubicati tra Genova, Milano, Pavia, Bergamo, Como, Alessandria, Vigevano, Treviso, Parma Sassuolo ed altri), nonché prolungati servizi di osservazione svolti dai carabinieri della Sezione Catturandi del Nucleo Investigativo di Genova pressi gli esercizi commerciali di Genova, in via Sestri, piazza Banchi e via San Vincenzo, hanno permesso di stabilire che lo stesso era rimasto in Italia e per sfuggire all'arresto aveva iniziato a indossare occhiali da vista e fatto crescere capelli e barba.

L'imprenditore, riportano sempre i militari, all'atto del controllo, ha esibito documenti d'identità falsi, riportanti la sua foto ma con dati anagrafici di un connazionale; gli uomini dell'Arma però, che conoscevano i tratti somatici dello stesso e da giorni l'avevano osservato mentre si recava nei punti vendita, l'hanno invitato a seguirli nella caserma della compagnia di Cantù, poiché i documenti erano falsi.

L'uomo anche durante il foto-segnalamento ha continuato a ripetere che si trattava di un errore e che non conosceva il ricercato, ma l'esito delle impronte è stato inesorabile e ha confermato che si trattava del latitante. Nel corso della perquisizione personale e dell'autovettura Jaguar sono stati rinvenuti quarantamila euro in contatti di cui quasi 36mila nascosti nel vano della ruota di scorta, oltre ad assegni, carte di pagamento e altro riconducibile ai negozi di abbigliamento.

L'uomo, prima di diventare un vero e proprio punto di riferimento dei punti vendita cinesi di abbigliamento del nord Italia, ha collezionato diversi procedimenti penali, che sono scaturiti nelle 11 sentenze di condanna. In particolare negli anni 2004-2008 è stato più volte coinvolto in importazioni di merci falsi come a La Spezia nel 2007, quando all'interno di un container sono state sequestrate 3.900 borse con logo Louis Vuitton e 1.200 cinture con marchio Gucci, contraffatte.

In seguito in un magazzino a Milano è stato sorpreso mentre vendeva a immigrati senegalesi borse di note marche contraffatte e nell'occasione sono state sequestrate oltre cinquemila borse. In un'altra occasione, sempre a Miano, oltre ottomila borse e altri oggetti di pelletteria che aveva importato direttamente dalla Cina facendoli giungere nel porto di Genova.

Al termine delle formalità di rito i militari della sezione catturandi hanno comunicato al 33enne che era arrivato il momento di pagare il conto con la Giustizia italiana e pertanto è stato associato presso il carcere di Como.

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