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Cronaca

Omicidio del piccolo Ale, la Corte d'Appello: «Il racconto di Rasero intriso di menzogne»

A tre mesi dalla condanna a 26 anni di carcere per il broker genovese, i giudici hanno diffuso le motivazioni alla base della sentenza

Troppe bugie e incongruenze, per troppo tempo: così la Corte d’Appello di Milano ha motivato la decisione di condannare a 26 anni di carcere Giovanni Antonio Rasero, il broker genovese che nella notte tra il 15 e il 16 marzo del 2010 si trovava nella stanza del residence di Nervi in cui ha perso la vita il piccolo Alessandro Mathas, il bimbo di 8 mesi morto per le percosse che, secondo i giudici, sarebbe stato proprio Rasero a infliggergli durante un accesso d’ira.

Quello di Rasero, si legge nelle motivazioni della sentenza emessa lo scorso 1 marzo, sarebbe un racconto «intriso di menzogne», elencate davanti agli inquirenti per «giustificare la sua estraneità ai fatti», ma piene di contraddizioni che non avrebbero fatto altro che confermare la sua colpevolezza. Che l’accusa ha sempre sostenuto ipotizzando che il broker si fosse accanito sul piccolo Ale perché innervosito dal suo pianto e alterato da droga e alcol, nel breve periodo di tempo in cui la madre del bimbo, Katerina Mathas, ha lasciato la stanza del lussuoso residence di Nervi dove Rasero abitava per una serata all’insegna dello “sballo” proprio per andare a comprare altra cocaina.

E proprio la Mathas è stata citata dai giudici nelle motivazioni, e definita una madre che «seppur nel suo agire sciatto, si era sempre occupata del bambino e gli era sinceramente affezionata». Una tesi sposata anche dai giudici del processo di primo grado, che l’hanno assolta dall’accusa di omicidio condannandola però a 4 anni di reclusione, scontati ai domiciliari per consentirle di stare vicino al figlioletto nato a inizio 2015, per abbandono di minore.  

Per Rasero, invece, la condanna è arrivata dopo un complesso iter giudiziario: prima la condanna in primo grado a 26 anni di reclusione, poi il ribaltamento della sentenza in appello con l’assoluzione, annullata a sorpresa due anni fa con la richiesta di un nuovo processo. Culminato con la conferma della condanna: 26 anni di carcere, a fronte dell’ergastolo chiesto dal pm Maria Vulpio, oltre al riconoscimento di una provvisionale di 15mila euro ciascuno per i nonni materni del piccolo Ale, parti civili nel procedimento. Ma Rasero, che si è sempre dichiarato innocente, tramite i suoi avvocati ha fatto sapere di essere intenzionato a ricorrere in Cassazione.
 

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