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Cronaca

Caso De Paoli, esposto in Procura per la frase omofoba

Nuovi guai per il consigliere leghista: i membri del "Comitato per gli Immigrati e contro ogni forma di discriminazione" hanno presentato denuncia chiedendo un'indagine più approfondita

Il caso Giovanni De Paoli e la presunta frase omofoba che il consigliere regionale leghista avrebbe pronunciato a margine di una commissione approda in Procura sotto forma di un esposto depositato lo scorso 24 febbraio da parte del “Comitato per gli Immigrati e contro ogni forma di discriminazione” in collaborazione con “Gay Lex”, studio legale con sede a Bologna specializzato in Diritti delle persone Lesbiche, Gay, Transessuali, Intersessuali e Bisessuali.

A firmare l’esposto la presidentessa del comitato, Aleksandra Matikj, che in una nota ha fatto sapere che «siamo rimasti sconvolti» nello scoprire non soltanto che De Paoli avrebbe pronunciato l’ormai famosa frase «Se avessi un figlio omosessuale lo brucerei nella caldaia» davanti ad alcuni rappresentanti di Agedo, ma anche che in seguito si sarebbe giustificato dichiarando che «non chiedo scusa a nessuno, non parlavo di loro ma di cose mie, di ciò che avrei fatto io. E la commissione era finita».

«Nell’uso dell’eventuale espressione non può negarsi l’intento offensivo e diffamatorio davanti a una pluralità di persone e a rappresentanti dei Gay, Lesbiche, Bisessuali, presenti quel giorno proprio presso la Regione Liguria tra cui anche quelli dell’Associazione Genitori di Omosessuali. IN totale sarebbero cinque i testimoni che avrebbero sentito quella terribile frase», fanno sapere dal comitato, aggiungendo che «la presunta esternazione del Consigliere avviene in un contesto in cui gli episodi di cosiddetta “omofobia” sono in continua crescita e la categoria delle persone Gay, Lesbiche e Transessuali non gode di alcuna specifica protezione legislativa, come invece si richiederebbe attraverso l’estensione della Legge Reale-Mancino anche ai reati commessi in ragione dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere della persona offesa. Appare evidente come l’assenza di una normativa specifica sul tema abbia ingenerato la credenza che “tutto sia possibile”, ovvero che anche politici, rappresentanti delle istituzioni e personaggi pubblici possano liberamente offendere, diffamare e arrecare gravissimo nocumento ad un’intera categoria di persone. Infine, è possibile che un’alta carica istituzionale usi impropriamente un linguaggio che offenda la dignità delle persone omosessuali incitando all’odio contro una categoria già fin troppo vessata e discriminata?».

Presentato ai sensi dell’art. 3 della Costituzione della legge n. 205 del 2003 (c.d. Legge Mancino) e dell’art. 595 del codice penale (diffamazione), l’esposto mira a far partire un’indagine «giusta, corretta e valida affinché le eventuali dichiarazioni come quella del consigliere De Paoli non si debbano risentire più, soprattutto considerando la sua inaudita gravità e l’impatto che possono provocare a livello sociale e politico», oltre che a ottenere le dimissioni dello stesso De Paoli.

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