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Cronaca

«Va ritirato», le ancelle di Non Una di Meno ancora in piazza contro il ddl Pillon

In occasione della discussione in Senato del decreto legge sulla riforma del diritto di famiglia, le attiviste dell'associazione genovese annunciano una manifestazione

Le “ancelle” del movimento Non UnaD Meno si preparano a tornare in piazza per protestare contro la discussione del decreto legge Pillon, che torna in discussione in commissione al senato martedì 9 aprile dopo l’apparente retromarcia del governo.

Se dopo la manifestazione di Verona contro il congresso delle famiglie, infatti, sembrava che per il Movimento 5 Stelle fosse archiviato, la Lega ha invece ribadito che è un buon punto di partenza per la riforma sul diritto di famiglia. E così, le associazioni si preparano a tornare in piazza, in primis Non Una Di Meno, che ha annunciato proprio per martedì 9 aprile una manifestazione che partirà alle 14.45 in via di Mascherona.

«Il decreto legge Pillon va ritirato definitivamente e senza condizioni - scrivono le attiviste - Nonostante le dichiarazioni ipocrite post verona di Spadafora (M5S) sull'archiviazione del ddl sull'affido famigliare e il divorzio, il governo ci tiene a stravolgere il diritto di famiglia, minacciando ancora di più l'autonomia delle donne e la nostra possibilità di sottrarci da relazioni violente in cui siano coinvolti figlie e figli. Niente di quello che abbiamo letto negli ultimi due giorni risponde alla rivendicazione portata in piazza in questi mesi da Non Una Di Meno. Ci volete ancelle, ci avrete ribelli».

Cosa prevede il disegno di legge Pillon 

Il disegno di legge che verrà nuovamente discusso in commissione al senato è firmato dal senatore leghista Simone Pillon, promotore del Family Day e schierato contro aborto e unioni civili e prevede che le coppie con figli che vorranno separarsi dovranno obbligatoriamente rivolgersi alla figura del cosiddetto “mediatore familiare”, cui è affidato il compito appunto di mediare e cercare di arrivare a una riconciliazione. Ogni seduta è obbligatoria e a pagamento, a carico di chi si separa, e devono partecipare anche gli avvocati, elemento che ha scatenato le proteste della associazioni in difesa dei diritti delle donne, che hanno fatto riferimento alle difficoltà che molte vittime di violenza hanno non soltanto nel denunciare, ma anche nel sostenere le semplici spese di separazione.

Nel caso in cui la mediazione fallisse, entra in gioco la “bigenitoralità perfetta”: affido e mantenimento dei figli vengono divisi equamente tra madre e padre, così come i costi e il tempo:«Salvo diverso accordo tra le parti - si legge nel disegno - deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre».

Dal punto di vista economico, sparirebbe l’assegno forfait ed entrerebbe in gioco una cifra calcolata su misura in base ai figli e alle loro esigenze, divisa equamente tra i genitori sulla base di quanto guadagnano: se una donna non ha reddito, le spese toccano al padre, che pagherà però direttamente le spese.

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