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Cronaca

Inchiesta crollo Morandi, agli interrogatori i primi due indagati restano in silenzio

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Antonio Brenchich e Salvatore Buonaccorso, due degli esperti che avevano firmato il progetto di messa in sicurezza del ponte

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i primi due indagati nell’inchiesta sul crollo di ponte Morandi a presentarsi in procura per gli interrogatori: Antonio Brencich, docente del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale dell’Università di Genova, e Salvatore Buonaccorso, ingegnere del Provveditorato alle Opere pubbliche di Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta, sono arrivati in tribunale venerdì mattina accompagnati dai loro avvocati, scegliendo di restare nel silenzio almeno sino a quando lo scenario giudiziario non sarà maggiormente delineato.

Sia Brenchic sia Buonaccorso avevano firmato il parere sul progetto urgente di “retrofitting” del Morandi, e cioè il piano che stabiliva i lavori per il rinforzo delle pile 9 e 10 del ponte. Brenchich faceva inoltre parte della prima commissione d’inchiesta nominata dal Ministero delle Infrastrutture per chiarire le ragioni del crollo, e aveva scelto di dimettersi una volta finito nel mirino della procura. Venerdì pomeriggio gli interrogatori, ormai entrati nel vivo, dovrebbero proseguire con Mario Servetto e Giuseppe Sisca, componenti del comitato tecnico che analizzò il progetto di retrofitting del viadotto presentato da Autostrade dando di fatto l’ok, pur con qualche osservazione.

Il team coordinato dal procuratore capo Francesco Cozzi e composto dal procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio e dai sostituti procuratore Walter Cotugno e Massimo Terrile ha intanto fissato il primo dei due incidenti probatori chiesti al giudice per le indagini preliminari, Angela Nutini: l’appuntamento è per il 25 settembre, un confronto cui parteciperanno anche i tre periti nominati dalla procura. Si tratta di Gianpaolo Rosati, professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano; di Massimo Los, professore ordinario di Costruzioni di strade, ferrovie e aeroporti  del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’università di Pisa; e di Bernhard Elsenser, professore del Politecnico Federale di Zurigo.

 Il primo incidente probatorio è finalizzato a chiarire in che stato fosse il ponte prima del crollo, e in che stato sono adesso le parti restanti. Venerdì mattina, poco dopo la commemorazione organizzata a un mese dalla tragedia, in via Fillak sono iniziate le operazioni di installazione dei sensori che controlleranno i tronconi superstiti per capirne la stabilità e la sicurezza, e che potrebbero fornire agli sfollati il verdetto tanto atteso sul rientro lampo nelle case per recuperare il loro oggetti personali. 

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Davanti allo striscione che invocava la rinascita, Franco Ravera, presidente del Comitato di via Porro, ha ricordato amareggiato che «siamo nati 12 anni fa perché si pensava di costruire un ponte simile al Morandi dove siamo adesso, in via Fillak, demolendo l’altro. Allora ci dissero che il ponte aveva 10 anni di vita, e ci siamo trovati a diventare “sensori” viventi: abbiamo provato a far capire che il ponte era il nostro tetto, e che Autostrade stava nella nostra soffitta. La società ha sempre avuto un atteggiamento di protervia, quasi arrogante. Tutte le nostre lamentele venivano rimpallate senza risposta: il 18 luglio abbiamo incontrato Autostrade che ci ha confermato la sicurezza del ponte. Un mese dopo è crollato»

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