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Cronaca

Crollo Morandi, la nuova perizia: «Cavi corrosi e scarsa manutenzione»

Gli esperti del gip Angela Nutini, chiamati a rispondere nell'ambito dell'incidente probatorio, hanno riscontrato gravi segni di corrosione nei tiranti di acciaio del ponte, in particolare per quanto riguarda gli stralli della pila 9

Cavi d’acciaio “altamente corrosi”, e interventi di manutenzione datati, risalenti all’epoca in cui il ponte era ancora gestito dallo Stato e non da Autostrade. È quanto scrivono i periti del giudice per le indagini preliminari, Angela Nutini, incaricati di effettuare una perizia sui resti del viadotto Morandi, crollato il 14 agosto 2018 portando con sé la vita di 43 persone.

Gli esperti del giudice, che rispondono con questa perizia al secondo quesito del primo incidente probatorio, parlano di “difetti esecutivi" rispetto al progetto originario dell’architetto Riccardo Morandi, e di un alto tasso di corrosione dovuto alla "mancanza di interventi di manutenzione significativi". I periti hanno esaminato le condizioni delle parti di ponte non crollate (il primo sopralluogo risale a ottobre 2018, due mesi dopo il crollo) e di quelle precipitate e arrivate a terra in seguito alla demolizione. Si sono concentrati ovviamente sulla pila 9, quella crollata, e sul reperto 132 (l'ancoraggio dei tiranti sulle sommità delle antenne del lato Sud), considerata dalla procura la prova cardine, perché sarebbe il punto che si sarebbe staccato per primo. Gli esperti hanno individuato proprio nel reperto 132, e nei cosiddetti “trefoli”, i tiranti di acciaio, "uno stato corrosivo di tipo generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità di acqua e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri e cloruri". 

Secondo le misurazioni eseguite dai periti, il 68% dei trefoli del gruppo primario, situato all'interno del tirante, e l'85% dei trefoli situati più all'esterno, avevano una riduzione di sezione tra il 50% e il 100%. Gli esperti evidenziano inoltre come nelle parti esaminate "non si evidenziano interventi atti a interrompere i fenomeni di degrado. Gli unici ritenuti efficaci risalgono a 25 anni fa".

Cavi corrosi e manutenzione, la replica di Autostrade

In serata è arrivata la replica di Autostrade per l’Italia, che in una nota ha fatto sapere che «per quanto riguarda la situazione dello strallo della pila 9, la relazione dei periti riporta soltanto la classificazione degli stati di corrosione dei fili di acciaio componenti i trefoli, classificazione determinata in modo sommario e quindi utilizzabile soltanto ai soli fini descrittivi. Tale classificazione consente comunque di escludere che sia stato lo strallo la causa primaria del cedimento».

«Le percentuali di corrosione riportate nella tabella della perizia depositata oggi - proseguono da Autostrade - confermano in realtà che la capacità portante degli stralli era ampiamente garantita, come hanno dimostrato anche i risultati delle analisi compiute dal laboratorio Empa di Zurigo e dall'Univerità di Pisa. Quindi, l’eventuale presenza di una percentuale ridottissima di trefoli corrosi fino al 100% non può in alcun modo aver avuto effetti sulla tenuta complessiva del Ponte».

L'inchiesta per il crollo del Morandi vede a oggi indagate 71 persone, insieme con le due società Autostrade e Spea, la controllata che si occupa di manutenzioni. I reati, a vario titolo, sono di omicidio colposo, omicidio stradale colposo, disastro colposo, attentato alla sicurezza dei trasporti e falso. 

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