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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Prà / Via Branega

Branega, storia di un degrado: da campo sportivo a campo di patate

Il campo sportivo di Prà è da tre anni senza padroni e letteralmente abbandonato. Erba più alta delle porte e delle panchine, sedie e bottiglie in campo e il parcheggio trasformato in discarica

Genova - Con un'erba così alta nemmeno Cristiano Ronaldo e Messi riuscirebbero a fare gol. Il campo sportivo Branega, a Prà, in via Taggia, versa in condizioni pietose dopo anni di abbandono e di degrado.

Nei primi mesi del 2009 il consorzio che lo gestiva ha dovuto lasciare l'impianto per problemi economici e da lì tutta la struttura è caduta nel dimenticatoio. Bandi comunali che non si sono mai concretizzati seppure tante società sportive avessero mostrato interesse per la riqualificazione dell'impianto.

E così dopo più di 3 anni di abbandono totale della struttura, nonostante l'attenzione di molti abitanti e di giovani (su facebook esiste anche un gruppo formato dai ragazzi del Collettivo Burrasca proprio per la riqualificazione del Branega), l'impianto è sostanzialmente irriconoscibile, lontano parente di quel campo in cui solo pochi anni fa tantissime società calcistiche ponentine si allenavano (non solo calcio, ma anche rugby, visto che l'impianto ospitava anche gli allenamenti di rugby).

Il degrado del Branega, il campo sportivo che non esiste più

Abbiamo fatto un tour per verificare e soprattutto fotografare la situazione imbarazzante dell'impianto e lo scenario è davvero indecoroso: erba alta fino quasi alle traverse, le panchine quasi sparite dalla visuale. In campo bottiglie di vetro e qualche sedia, tutto ovviamente serrato da anni. Nel parcheggio antistante il campo una vera e propria discarica, con materassi, mobili, sedie, vetri e chi più ne ha più ne metta.

La domanda che sorge spontanea è un banalissimo: perché? Perché non utilizzare un campo sportivo in una città dove gli spazi sono ridotti all'osso, dove le società sportive sono quasi di più che i quartieri e dove i campi a 7 sono sempre strapieni di prenotazioni a conferma della voglia di calcio (e del business che ne deriva) dei genovesi. Una domanda che da tre anni non trova risposte.

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