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Cronaca

«Il Comune non protegga i colpevoli», la rabbia dei parenti delle vittime dell'alluvione 2011

Nel giorno in cui la città ricorda le 6 vittime della piena del Fereggiano, dai familiari arriva lo sfogo contro la mancata rimozione dei funzionari condannati dal tribunale dai loro incarichi

«Aspettiamo ancora che il Comune prenda una posizione e punisca i responsabili di quanto accaduto. Invece gli consente di scappare dalle responsabilità».  A 8 anni dalla terribile alluvione che ha spezzato la vita di sua figlia Serena e di altre cinque persone - tra cui due bambine - per Marco Costa l’amarezza, se possibile, è ancora più forte. Perché nonostante che la Cassazione abbia confermato le condanne per l’ex sindaco Marta Vincenzi e per i dirigenti comunali in carica ai tempi, i provvedimenti disciplinari a loro carico ancora non sono stati eseguiti e gli incarichi di fatto non sono ancora stati revocati.

Rabbia e dolore sono emersi, pur sommessi, nel corso della cerimonia di commemorazione che si è tenuta lunedì mattina all’angolo tra corso De Stefanis e corso Sardegna, nel cuore di Marassi, dove il 4 novembre del 2011 la piena del Fereggiano ha travolto Shpresa Djiala, 28 anni, e le figliolette Gioia, 8, e Janissa, appena un anno, la 19enne Serena Costa, uscita per andare a prendere il fratellino a scuola, e poi Evelina Pietranera, 50 anni, titolare di un’edicola in zona, e Angela Chiaramonte.

VIDEO | Alluvione 2011, i parenti delle vittime: «Per noi nessuna giustizia»

La furia del torrente non ha lasciato loro scampo, e oggi i familiari non possono che appellarsi alla giustizia, che «non ci ridarà i nostri cari, che non torneranno più, ma quantomeno avremmo la certezza che chi ha sbagliato è stato punito e rimosso, e non promosso», come ha detto con la voce rossa Bennardo Sanfilippo, marito di Angela Chiaramonte.

Il riferimento è in particolare a Sandro Gambelli, ex disaster manager dell’amministrazione Vincenzi, condannato per falso (in riferimento ai verbali dell’alluvione) e oggi spostato negli uffici dell’Università di Genova. Paolo Cha, altro dirigente condannato per falso, è invece ancora in servizio come funzionario nel settore Riscossione, mentre Gianfranco Del Ponte è ormai andato in pensione.

«Ci stanno prendendo in giro, neppure da parte del Comune abbiamo quell’attenzione che ci spetterebbe. Mi dispiace parlarne oggi, ma dentro di noi c’è molta rabbia». Scuote la testa, Bennardo Sanfilippo, che alla commemorazione è arrivato accompagnato tenendo al guinzaglio la sua cagnolina. Al suo fianco Juri Djala, fratello di Flamur Djala, marito di Shpresa. Sono diventati un’unica grande famiglia, fanno quadrato intorno a un dolore reso ancora più profondo dalla consapevolezza che chi è stato condannato da un tribunale nell’ambito di un processo per la morte di 6 persone ha ancora la possibilità di lavorare e ricevere uno stipendio, in alcuni casi addirittura «aumentato. Gente che ha sbagliato deve essere rimossa - sottolinea Sanfilippo - non promossa».

«Sì, il sindaco è stato condannato - prosegue il marito di Angela Chiaramonte, morta a 40 anni - ma gli hanno fatto questo regalo in Cassazione per il ricalcolo della pena al ribasso. Che il Comune faccia qualcosa, non capisco perché si proteggono. Anche questo sindaco dovrebbe dare un segnale invece qual è? Ne spostano uno all’Università, tra un po’ lo assumono direttamente, con uno stipendio da favola».

«Ricordiamoci che ci sono state 6 vittime, non stiamo parlando di una macchina rubata, è un fatto gravissimo - rincara la dose Marco Costa - parliamo di cittadini cui è stato tolto il diritto della verità, se la magistratura non avesse fatto il lavoro egregio che ha fatto, di quanto accaduto non si sarebbe saputo nulla. Queste persone hanno cercato di nascondersi, di scappare. A 8 anni di distanza il Comune non ha ancora preso posizione nei confronti di queste persone».

Il 15 dicembre, infatti, scadrà il termine per il procedimento disciplinare avviato nei confronti di Sandro Gambelli. Il 5 dicembre, invece, in Cassazione si discuterà del ricalcolo della pena, al ribasso, per Marta Vincenzi. Dalla targa apposta a Marassi, la cerimonia della mattinata si è spostata poi in via Canevari dove un’altra corona è stata deposta in memoria di Antonio Campanella, morto durante l'alluvione del 9 ottobre 2014.

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