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Covid: consulti e cartelle digitali per i medici di famiglia, ma sui tamponi «è tutto da rifare»

Il protocollo messo a punto con Alisa e San Martino ed è ormai in fase di completamento: a chi lavora sul territorio sarà messa a disposizione una linea diretta con infettivologi e pneumologi e una piattaforma su cui collaborare per la cura del paziente. Sul fronte test, invece, ancora attesa

Numeri diretti per parlare con esperti infettivologi e pneumologi, una piattaforma accessibile a tutti i professionisti per confrontarsi su quadro clinico e paziente: nella lotta al coronavirus è necessario fare squadra, sopratutto in ambito sanitario, e il nuovo protocollo messo a punto da medici di famiglia e Alisa è incentrato proprio su collaborazione e comunicazione.

«Abbiamo lavorato su due filoni - conferma Alessandro Bonsignore, presidente dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri liguri - Il primo è finalizzato a confrontasi sulla terapia, un protocollo operativo che dovrebbe essere licenziato nei prossimi giorni con cui vengono messi a disposizione dei medici e pediatri del territorio numeri dedicati per avere una consulenza diretta dalle 8 alle 20 col mondo ospedaliero. I primi ad avere dato disponibilità sono Malattie Infettive del professor Matteo Bassetti e Pneumologia del professor Fulvio Braido».

Alle linee dedicate si affianca la piattaforma Poliss: grazie a Liguria Digitale diventa possibile per i medici degli ospedali interfacciarsi con i medici di medicina generale, guardando la cartella una volta caricata e osservando l’andamento della terapia, un modo per evitare quando possibile l'accesso in ospedale.

Il protocollo dovrebbe venire formalizzato a breve, e renderà ancora più centrale il ruolo del medico di famiglia nel trattamento di pazienti positivi al coronavirus, sopratutto quelli che non necessitano di cure ospedaliere e andrebbero a intasare i pronto soccorso nel caso in cui decidessero di rivolgersi all’ospedale. Sul fronte tamponi negli studi medici, invece, in Liguria si riparte da capo, perché l’accordo cui la Regione aveva lavorato con sindacati e associazioni di categoria è stato di fatto “fagocitato” da quello firmato dopo a livello nazionale.

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Tamponi negli studi medici, in Liguria stoppato l'accordo ormai finito

«Noi ci siamo mossi per tempo e bene, avevamo chiesto come Ordine dei Medici a Regione Liguria di incontrare tutte le rappresentanze del territorio - spiega Bonsignore - il 9 ottobre abbiamo fatto una riunione politica alla presenza di Toti, Alisa e rappresentanze sindacali e scientifiche per stipulare un accordo che è stato firmato il 15 ottobre. L’accordo era molto ben fatto: prevedeva l’esecuzione, da parte dei medici del territorio, dei test rapidi secondo una serie di parametri condivisi, concertati e messi nero su bianco»,

L’accordo prevedeva innanzitutto che l’effettuazione dei test fosse a carattere volontario, ed elencava poi le condizioni per poterli fare in sicurezza, in primis l’assetto organizzativo dello studio (stanze dedicate e percorsi isolati).

«La Regione si era impegnata a fornire una persona a supporto per la questione logistica e burocratica - prosegue Bonsignore - avevamo trovato tre possibilità di intervento: il medico poteva fare i test rapidi se lo studio lo consentiva in termini logistici, oppure in locali individuati dalla Asl, come per esempio gli ambulatori drive o walk through. Con il prefetto avevamo anche ragionato di usare tendoni dell’esercito per creare lungo tutto il territorio genovese aree drive-through dove medicini volontari potevano andare non solo per fare tamponi, ma anche per visitare pazienti, iniziativa che poteva diventare anche un momento importante di confronto, perché il medico a quel punto veniva inserito in turnazione per visitare pazienti anche non suoi».

La terza opzione presa in considerazione dall’accordo per effettuare i test era quella di essere inseriti, sempre su base volontaria, nelle squadre Gsat che li effettuano a domicilio. 

«L’accordo era ormai in fase di ultimazione, stavamo per consegnare i tamponi ai medici - spiega ancora Bonsignore - ma una decina di giorni dopo a livello nazionale è stato stipulato, e non firmato da tutti, un accordo collettivo nazionale che impone ai medici di medicina di fare i tampini obbligatoriamente e non prevede le stesse misure di tutela. Alcuni sindacati infatti non l’hanno firmato, e molti iscritti alla Fimmg (Federazione Italiana Medici di Famiglia, ndr), uno dei firmatari dell’accordo, hanno disdetto l’iscrizione al sindacato: questo per far capire la reazione».

A questo punto, dunque, è tutto da rifare. Perché i protagonisti liguri di questo scenario erano ormai arrivati a un accordo soddisfacente per tute le parti in causa, e sono adesso costretti a rivederlo per cercare di unire l’accordo locale a quello nazionale: «Regione Liguria sa provando a integrare il nostro accordo con quello nazionale per salvaguardare il sistema - conferma Bonsignore - nel frattempo, mentre si discuteva se firmare o meno, sono arrivate prese di posizione come quelle di Luca Zaia (presidente della Regione Veneto, ndr), che ha detto che i medici che non effettuano il tampone verranno multati e verrà tolta la convenzione».

La “lotta” tra accordi ha finito per ritardare un’operazione cui, in Liguria, avrebbero aderito almeno il 30% dei medici del territorio: «Può sembrare una percentuale ridotta - conclude Bonsignore - ma si era calcolato che nel territorio genovese sarebbe stata sufficiente a garantire le esigenze di tutti i distretti. È un peccato, eravamo partiti molto prima e con un accordo migliore, e ora abbiamo dovuto ricominciare a lavorare su un nuovo accordo che sostituisce il vecchio».

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