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Ristoranti: 4 metri per ogni cliente, le linee guida dell'Inail per la fase 2

Le indicazioni contenute nel documento pubblicato dall'Inail risultano difficili da applicare in un territorio dove i locali sono di piccole dimensioni. Per la Fiepet «sono a rischio la maggior parte dei pubblici esercizi»

Le linee guida per la ristorazione diffuse oggi, martedì 12 maggio, dall'Inail metterebbero a serio rischio un settore da 300mila imprese e 1,2 milioni di dipendenti. È quanto sostiene Fiepet Confesercenti.

L'Inail, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, ha messo a punto anche i documenti tecnici per la gestione della fase 2 nel settore della balneazione. Entrambi sono stati approvati dal Comitato tecnico scientifico per l'emergenza e forniscono raccomandazioni sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del virus. Entrambi i documenti si soffermano anche sulle misure specifiche per i lavoratori.

Per garantire il distanziamento sociale nei ristoranti il documento Inail-Iss raccomanda, tra l'altro, di rimodulare la disposizione dei tavoli e dei posti a sedere, definendo un limite massimo di capienza predeterminato che preveda uno spazio di norma non inferiore a quattro metri quadrati per ciascun cliente, fatta salva la possibilità di adottare altre misure organizzative, come per esempio le barriere divisorie. La prenotazione obbligatoria viene indicata come ulteriore strumento di prevenzione, utile anche per evitare assembramenti di persone in attesa fuori dal locale.

«Le nuove regole previste per la riapertura di bar e ristoranti sono del tutto inapplicabili, ed il rischio è che la gran parte dei pubblici esercizi, specie in Liguria, a questo punto sia obbligata a chiudere per sempre. A meno che non vengano previste nuove forme di sostegno a fondo perduto per gli operatori». Così Paolo Barbieri, responsabile Fiepet Confesercenti Genova, commenta le linee guida per la ristorazione diffuse oggi, martedì 12 maggio, dall'Inail.

«Ridurre di un terzo la capacità di ristoranti e bar significa costringere gli esercenti a lavorare in perdita - spiega Barbieri -, a maggior ragione in un territorio come il nostro, caratterizzato dalla perenne mancanza di spazi e, quindi, da locali piccoli e piccolissimi, per i quali sarebbe impossibile garantire il distanziamento richiesto: la riduzione di clientela che ne deriverebbe sarebbe tale da non compensare nemmeno le spese per tenere aperta l'attività, figuriamoci ad avere degli utili».

«La dimensione media di un ristorante, in Italia, è di 80 metri quadrati: secondo le linee guida, una capienza sufficiente per appena 20 persone - aggiunge il presidente nazionale di Fiepet Confesercenti, Giancarlo Banchieri -. Si tratta chiaramente di una condizione antieconomica, che impedisce di riavviare l’attività a meno di non raddoppiare i prezzi attuali: ma anche questo ci porterebbe alla chiusura. Al danno si aggiunge poi la beffa: non ci sono le condizioni per riaprire, ma non si può licenziare. Una situazione insostenibile».

«Troppi punti fondamentali, poi, sono ancora da chiarire - continua Banchieri -. Come si calcola, ad esempio, la distanza minima per le persone sedute allo stesso tavolo? Le regole di distanziamento valgono anche per l’esterno del locale? Chi certifica o comunque dà un’indicazione su quali dispositivi di schermatura è possibile installare? Se questi nodi non verranno sciolti e le regole non cambieranno, moltissime imprese sceglieranno di non aprire piuttosto che lavorare in perdita».

«Occorrerà introdurre subito nuovi sostanziosi sostegni economici a fondo perduto per gli operatori, o i ristoranti rimarranno chiusi. Non basteranno certo i bonus da 600 o 800 euro a salvare la ristorazione italiana. Invitiamo le Regioni ad intervenire, per concordare con le categorie interessate protocolli alternativi che riescano a contemperare le esigenze di sicurezza con quelle di natura imprenditoriale», conclude Banchieri.

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