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Parrucchieri pronti a ripartire, ecco come sarà: le norme dell'Inail

Tante le misure di sicurezza da rispettare sia a livello di spazi sia di distanze. I saloni si adeguano, spendendo anche fondi, nella speranza di riuscire a rientrare delle spese e di ingranare nuovamente

Riorganizzazione degli spazi interni, appuntamenti da rispettare al minuto, meno clienti e più distanziati non solo nella giornata ma anche nei locali: parrucchieri, barbieri e centri estetici si preparano a ripartire da lunedì 18 maggio con una lunga serie di misure di sicurezza finalizzate a rispettare le norme anti contagio da coronavirus. Il che si traduce, per alcune attività che non hanno spazi adeguati in primis, in grandi difficoltà a rispettare il protocollo Inail diffuso mercoledì pomeriggio, e a riprendere l’attività.

Tra le misure di prevenzione proposte, si legge nel documento di Inail, c'è la la possibilità di consentire deroghe ai giorni di chiusura, l’estensione degli orari di apertura dei locali e una razionalizzazione degli spazi tale da permettere il distanziamento, anche attraverso la realizzazione di aree di attesa all’esterno, consentendo ove possibile l’occupazione del suolo pubblico in deroga.

Inail ricorda che «per garantire la sostenibilità delle attività quotidiane, è necessaria una buona programmazione di tutte le attività e dei tempi medi dei trattamenti, che andrebbero predeterminati già al momento della prenotazione, per ottimizzare i tempi di attesa e prevenire ogni forma di affollamento. La distanza minima tra le postazioni dovrebbe essere di almeno due metri ed è preferibile lavorare con le porte aperte».

Il che si traduce in una serie di misure per i professinisti, che avevano già preventivato il di dover cambiare il modo tradizionale di lavorare: oltre a distanziare i lavatesta, le postazioni di taglio e colore e le cabine per manicure, si sono dotati di guanti, mascherine, visiere e prodotti igienizzanti per clienti e per le superfici e gli strumenti di lavoro, e hanno avvisato i clienti delle modalità di accesso: no ad accompagnatori per non intasare la sala d’attesa, appuntamenti da rispettare con precisione e rigore (niente ritardi, ma neppure arrivi in anticipo), niente appuntamento per chi ha sintomi influenzali o temperatura superiore ai 37 gradi.

«Come previsto dall’articolo 3 del Dpcm del 26 aprile - si legge nel documento - è obbligatorio l’utilizzo di mascherine di comunità da parte del cliente a partire dall’ingresso nel locale, a eccezione del tempo necessario per effettuare i trattamenti che non lo rendano possibile. È preferibile, inoltre, fare ricorso a grembiuli e asciugamani monouso. Se riutilizzabili, devono essere lavati».

L’attesa per la data di riapertura e poi per le norme, sia per chi lavora sia per i clienti, è stata lunga, i dubbi tanti. Da una parte per i clienti, in alcuni casi ancora diffidenti a entrare in contatto ravvicinato per pieghe, colore e altri trattamenti che hanno a che fare con la cura della persona; dall’altra per i titolari delle attività, che devono necessariamente dotarsi di tutto quanto è necessario per garantire la sicurezza con conseguenti spese, e che in certi casi hanno dovuto ripensare completamente il loro modo di lavorare. 

Certo è che le chiamate per prendere appuntamenti, da quando è stata annunciata la riapertura, sono arrivate a cascata, e la voglia di tornare a un minimo di normalità, anche esteticamente: c’è chi ha telefonato in negozio, chi al parrucchiere o all’estetista di fiducia direttamente, che ha usato le chat whatsapp, e chi ancora si era preparato per tempo, chiedendo di essere inserito in agenza il primo momento utile dopo la riapertura con settimane di anticipo. 

Per cercare di rilanciare l’apertura, il Comune di Genova aveva già accolto la richiesta delle associazioni di categoria accordando e la possibilità di allungare l’orario di lavoro prevedendo appuntamenti anche il sabato e la domenica sera: un modo per aiutare le attività ad accogliere più clienti, anche se distanziati, e di iniziare a recuperare quanto perso in oltre 60 giorni di lockdown.

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